Giobbe. Romanzo di un uomo semplice (6).

28 Luglio 2017Lorenzo Cuffini

Riscrittura a puntate per l’estate.

Scritto da MARIA NISII.

Arrivo degli amici e bestemmia di Mendel. Al rumore e alla vista del fumo accorrono gli amici Menkes, Skowronnek, Rottenberg e Groschel che ricoprono il ruolo dei biblici Elifaz, Bildad, Zofar e Elihu. “Dio voglio bruciare” (149) dice Mendel e, anche se i quattro non sono più devoti come un tempo, “Dio dimorava ancora nei loro cuori”,per cui si ribellano a quella bestemmia. Quello che segue è uno dei momenti che non solo ricalca il libro di Giobbe, ma che pure lo cita esplicitamente. A turno infatti gli amici cercano di convincerlo del senso nascosto dei colpi di Dio, della colpa di aver lasciato Menuchim a casa, del fatto che Dio non abbia più la possibilità di fare miracoli nel mondo attuale e di una possibile riabilitazione, come già avvenuto per Giobbe. Ma Mendel, come Giobbe, rifiuta le spiegazioni degli amici. E tuttavia l’accusa di aver abbandonato Menuchimdeve aver punto sul vivo e identificandosi con Giobbe, leva il proprio grido: perché Menuchim era malato? La sua malattia è stato il primo dei colpi di Dio contro un uomo che non l’aveva meritato…

Assereto Gioachino (Genova 1600-1649), Giobbe
Assereto Gioachino (Genova 1600-1649), Giobbe

Dopo la notte passata insieme per non lasciarlo solo in quello stato, gli amici portano Mendel nella bottega di Showronnek.

Mendel in lotta con Dio. Da quel momento Mendel vive nel retrobottegadel negozio di dischi di Showronnek e si dà da fare come può,facendo piccoli lavoretti per la famiglia e per la gente del quartiere. La lotta ingaggiata con Dio è nota a tutti, ma gli ebrei parteggiano per lui perché “troppo duramente Geova l’aveva trattato” (155) e lo ritengono un santo folle (156).

Già Giobbe aveva ingaggiato la sua battaglia, chiamando Dio a processo:“voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!” (13,15b); “Oh, potessi sapere dove trovarlo… Esporrei davanti a lui la mia causa e avrei piene le labbra di ragioni…” (23,3a.4)

Inutilità della preghiera. Mendel non prega più ma quella sua ira lo addolora; ricorda con nostalgia alla leggerezza di un tempo quando, svegliandosi, la preghiera lo accompagnava nel nuovo giorno. È come se, nonostante tutto, qualcosa in lui fosse rimasto – un probabile ecodi: “ah, potessi tornare com’ero ai mesi di un tempo… quando l’Onnipotente era ancora con me e i miei giovani mi stavano attorno”(29,2-5). È in lite con lui, ma deve riconoscereche è ancora Dio a reggere il mondo (157).

Era stato un inganno, si dice – “Dio non presta attenzione alle loro preghiere”(24,12). Così quando è presente alla preghiera di altri per fare il decimo[1] viene percepito come un estraneo, ma c’è sempre qualcuno che prega anche per lui. Mendel sente quel pregare come espressione di paura e lui non ha più paura: gli è già stato tolto tutto.

 

“La tragedia è dominata da due inspiegabili enigmi: Menuchim e Dio. Ambedue sono ossessionanti, irriducibili presenze segretamente legate l’una all’altra. Menuchim è la pietra d’inciampo del creato… Eppure non lo si può cancellare: egli è, ed è la vita e la malattia del mondo… Impossibile però comprendere Menuchim… egli è un patetico, resistente, orrido, bellissimo, inspiegabile mistero. Suo compagno è Dio, che lo ha creato… Se tutto viene fatto risalire a Dio, è di lui che sempre si dovrà dibattere. Ma anche di lui non si potrà mai venire a capo…. Come non è possibile uccidere Menuchim, così non è possibile bruciare Dio… Menuchim e Dio costituiscono i due lati estremi, opposti e complementari di ciò che è inscrutabile, dell’insondabilità ultima dell’essere. Abbandonare l’uno significa perdere la fede nell’Altro… Essi sono legati dall’attesa che destano… e finora vana del Wunder, del miracolo” (Piero Boitani, Riconoscere è un Dio,pag. 326-7).

(continua.)

[1]La preghiera pubblica (d’obbligo solo per gli uomini) richiede il minjan, il numero minimo di 10 maschi adulti, ovvero di almeno 13 anni – cftDt 1,15

  • In copertina: Antonio de Pereda, Giobbe.
  • Testo di riferimento:Joseph Roth, Giobbe. Romanzo di un uomo semplice, Adelphi, Torino, 2003 [ed. or. 1930],

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