Soundtrack: quando è la musica a riscrivere

18 Maggio 2019Lorenzo Cuffini

 

Scritto da LORENZO CUFFINI.

 

 

Il linguaggio del Cinema è, per sua natura, complesso, risultante di immagini –  certamente – e di molti altri elementi, narrativi e tecnici:  trama, dialoghi, musica, luci,  tecniche di ripresa, effetti sonori, effetti speciali, montaggio, e molto altro, amalgamato, diretto e coordinato dalla regia.

La colonna sonora ha una parte determinante in questo mix espressivo, anche se puo’ giocare ruoli  e presenza diversi a seconda dei film e degli autori. Talvolta   si realizza un connubio perfetto, come nel caso di   Ennio Morricone e Sergio Leone, nelle cui pellicole diventa persino difficile separare  soundtrack e immagini,  indissolubilmente legate insieme, richiamandosi a vicenda come un tutt’uno organico nella memoria dello spettatore.

Quando il cinema affronta una riscrittura religiosa vera a e propria, le cose non cambiano. Ma con scelte, risultati e rese differenti. Nel corso degli anni, all’interno del vero e proprio filone cinematografico che si è venuto a  creare riconducibile  alla Scrittura e alle sue storie,  i registi hanno battuto le strade più diverse. In estrema sintesi, si può dire che si passa da colonne sonore “ di accompagnamento”, in cui la musica è fondamentalmente un sottofondo alle parole e alle immagini, ai brani  “descrittivi” , in cui diviene parte integrante della storia ed elemento narrativo essa stessa: basti pensare alle “ danze di Salomé ”, variamente interpretate e rese. Abbiamo avuto opere in cui il soundtrack non presenta temi di particolare impatto o melodia, e altre in cui , al contrario, ce ne sono di estremamente riconoscibili e accattivanti per l’ascolto. Fino ad arrivare all’unicum di Jesus Christ Superstar in cui la musica , ovviamente, è  essa  stessa e prima di tutto il resto, il film. Generalmente, più ancora dei dialoghi , delle riprese e dei modi di recitazione, la colonna sonora risente dei gusti dell’epoca, fino a risultare la parte più datata alle visioni successive nel tempo: le musiche di Ben Hur, per dire, sono figlie e testimonianze dell’epoca e dell’epica dei kolossal americani.

Il più che discusso film di Mel Gibson, The Passion , del 2004, presenta sotto questo profilo una serie di caratteristiche interessanti. Concentrato esclusivamente sul racconto della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, il film si propone  – per ammissione del regista –  non solo di raccontarne la storia, ma di trasportare lo spettatore a condividerne il più vicino possibile l’esperienza: come se fosse stato presente per davvero a quei fatti. La scelta della “lingua originale” del tempo ( aramaico e latino) e la ricerca spinta fino all’eccesso del realismo delle immagini ne sono la prova più evidente. Ma l’intero sonoro del film è concepito in funzione di questo risultato. Compreso l’utilizzo di alcuni accorgimenti tecnici che hanno lo scopo di trascinare , per così dire, chi guarda dalla sala, all’interno della storia stessa. Quando, nella notte del Getsemani, Pietro stacca con il celebre colpo di spada, l’orecchio al malcapitato Malco, ci arriva, fortissimo, un ronzio acustico, un acufene lancinante, che ha il compito di farci vivere, in quel momento, l’esperienza fisica stessa raccontata sullo schermo. Nella stessa scena, i movimenti delle torce nella tenebra notturna, sono accompagnati da effetti sonori irreali ma con  il compito di  sottolineare  e amplificare  la drammaticità dell’azione;  così come accadrà in seguito, con quelli largamente utilizzati al momento dei colpi di flagellum nella fustigazione, o durante la crocifissione, con il martellare sui chiodi e con la slogatura della spalla del Crocifisso.

Per quanto riguarda la musica, proponiamo qui di seguito due esempi significativi, prima in versione acustica e poi riportati nel film. Il primo è il “ tema di Maria” Mary goes to Jesus, dedicato, per ammissione dell’autore John Debney, non solo alla Madonna ma  al rapporto tra Maria e ­suo figlio. “È stato uno dei temi più difficili da scrivere, non riuscivo a trovare la chiave giusta. Poi, una mattina, mi sono svegliato con una melodia in testa, ed era una ninna nanna. La voce di una  madre che parla con un figlio divino, ma che è comunque stato il suo bambino. E parte di quel bimbo è ancora in lui, mentre affronta la tortura e la morte.” (*)  La musica rafforza dunque una delle idee guida del film di Gibson: il rapporto simbiotico e privilegiato tra Gesù e la Madre, vista come vera coprotagonista della storia umana e divina del Figlio. Dalle scene di affettuosa rievocazione domestica alla crudezza esplicita della via crucis e del Calvario, fino alla deposizione, il ritorno del tema musicale, variamente declinato, racconta ed esprime questa specialissima relazione.

Qua la versione acustica:

Qui invece il brano riportato in una delle scene del film:

https://www.youtube.com/watch?v=UmJXm3AjaSM

 

Il secondo è Resurrection, che parte con un’atmosfera sospesa e contemplativa per virare, sotto i colpi delle percussioni, verso un tono  quasi guerresco, prima che ieratico e solenne: più che un gloria pasquale, un annuncio di marcia, di messa in movimento di qualcosa di inarrestabile. Sullo schermo, infatti, si accompagna  all’ultima immagine del film, quella di Cristo che si rimette in piedi per rimettersi  in cammino, definitivamente.

 

Ecco la versione solo musicale:

Qui la trasposizione cinematografica:

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(*) Da una intervista di Elena NIEDDU a John Dembley.

  • In copertina : Maria corre dal figlio bambino, da The Passion, di Mel Gibson

 

 

 

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