Triduo pasquale di Cristo nel Matteo pasoliniano
Scritto da DARIO COPPOLA.
Gli inni russi sottolineano il dramma dell’imminente passione di Gesù Cristo. Pasolini punta l’obiettivo su Mt 26, 31 e rappresenta: il dialogo tra Gesù e Pietro; la preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani, con musica bachiana di sottofondo; i primi piani di Gesù che si muove nella notte angosciosa; infine, il dialogo di Gesù col Padre suo (Mt 26, 39-42).
Dopo il clamore, la musica mozartiana segna l’arrivo di Giuda e dei soldati. Pasolini inscena la corsa di Gesù e, di lui, anticipa il rimprovero a Pietro per aver staccato l’orecchio al servo del sommo sacerdote (Mt 26, 52b), posponendo il saluto di Giuda e limitandolo a poco più di un abbraccio.
Dopo l’inquadratura dei farisei, nel film compare Pietro, come nel testo di Mt 26,58, nella piazza del sinedrio nella quale Giuda si è venduto. Sono gli occhi di Pietro a guidarci: egli segue da lontano, dietro alcune donne, l’interrogatorio (Mt 26, 57-66). Pasolini omette il primo riferimento al Cristo deriso (Mt 26, 67-68) e rappresenta il rinnegamento di Pietro al canto del gallo (Mt 26, 69-75).
La scena dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo, seduti in piazza, che ordinano la consegna di Gesù a Pilato è senza commento musicale. Sono gli occhi di Giuda, ora, a guidarci nella piazza, col sottofondo spiritual. Alla fine egli si impicca in una radura selvaggia (Mt 27, 1-6).
Di seguito, si vede il pianto di Giovanni abbracciato dalla madre di Gesù, mentre questi è portato da Pilato. Pasolini omette la citazione di Geremia di Mt 9. Lo spettatore guarda la scena con gli occhi, in lacrime, di Giovanni in primissimo piano: un Pilato anonimo è liquidato da Pasolini con la domanda per la liberazione di Barabba o Gesù. Giovanni guarda il trasporto di Cristo nel pretorio (Mt 27, 27), luogo con volta a sesto acuto e lucernari, in cui i soldati lo scherniscono.
Gli occhi di Giovanni si alternano a ciò che vedono di Gesù, fino alla sua incoronazione di spine. Egli si muove, accompagnato dal solo Simone di Cirene, a cui viene ordinato di portare la croce sotto la quale Gesù è appena caduto. Giovanni lo segue facendosi strada e abbraccia Maria.
Gesù, tra la folla, procede verso il Calvario, su note mozartiane. Un ladrone è inchiodato alla croce. La musica ha il sopravvento mentre Gesù è crocifisso e Maria, nel correre per raggiungerlo, cade. La croce è issata. Maria, straziata, guarda il figlio, il cui capo punto dalla corona di spine gocciola di sangue. Pasolini colloca qui il testo di Mt 13, 14 che cita Is 6, 9-10: «Voi udrete […] ma non intenderete, vedrete […] ma non comprenderete […] il cuore il questo popolo si è indurito». La scena ritorna a Mt 27,46: «Padre mio, perché mi hai abbandonato?» e due soldati, data una spugna a Gesù, riconoscono l’invocazione a Elia. Pasolini rappresenta il grido di Gesù che muore ed emette lo spirito.
Un terremoto colpisce Gerusalemme, su musica di Mozart, fino a un’inquadratura del sole che abbaglia le rovine, contrastante con la successiva del capo reclinato di Gesù senza vita.
La deposizione dalla croce evoca il mediometraggio pasoliniano La ricotta (1963). Il gruppo delle tre Marie, di Giovanni e altri due personaggi (fratelli di Gesù? Uno di loro è Giuseppe di Arimatea?) osserva tutto in posa iconica. Giovanni e una delle donne preparano un lenzuolo per avvolgere il corpo nel sepolcro; i canti russi commentano e del corpo di Gesù si intravedono i piedi dal lenzuolo (come in Mantegna o, meglio, nei caravaggeschi, dato il chiaroscuro).
Maria guarda chiudere, in silenzio, il sepolcro.
Il cinguettio degli uccelli annuncia il mattino alle guardie. Con fiori arrivano le tre Marie, Pietro, Giovanni e altri astanti: tutti si inginocchiano. All’improvviso gli inni russi sono interrotti liturgicamente dal Gloria della Missa luba: il sepolcro si scoperchia e mostra il lenzuolo senza corpo di Gesù. Riappare l’angelo che dice a Maria e agli altri: «Non temete! So che cercate Gesù, il crocifisso. Egli non è qui […]. Andate e dite ai suoi discepoli: “è risorto dai morti e vi precede in Galilea […]”» (Mt 28, 5b-7a). Apostoli e discepoli corrono con falci.
Fuori campo si ode il Cristo: «Ogni potere è stato dato a me in cielo e sulla terra. Andate […] fate proseliti (traduzione oggi discutibile) tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo». Ricompare Gesù, com’era durante il ministero pubblico, che cita, su musica della Missa luba, l’epilogo di Matteo: «Insegnando loro a osservare tutto quello che vi ho comandato […] io sono qui con voi per sempre fino alla fine del mondo» (Mt 28, 18b-20).
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- Il film analizzato è ” Il Vangelo secondo Matteo ” , di Pier Paolo Pasolini, 1964.