Benedetto & i Magi
Scritto da LORENZO CUFFINI
In occasione delle Giornate Mondiali della Gioventù di Colonia, nell’agosto del 2005, Benedetto XVI impostò il raduno giovanile come immagine e ripresa del pellegrinaggio dei Magi , le cui reliquie, secondo la tradizione, proprio a Colonia sono conservate. Le parole che seguono sono tratte testualmente dai discorsi pronunciati in quella occasione, interpolate invece da immagini e parole “altre”, diversamente evocative.
Secondo la tradizione, i loro nomi in lingua greca erano Melchiorre, Gaspare e Baldassarre.
Nel suo Vangelo, Matteo riporta la domanda che ardeva nel cuore dei Magi: “Dov’è il Re dei Giudei che è nato?” (Mt 2, 2). La ricerca di Lui era il motivo per cui avevano affrontato il lungo viaggio fino a Gerusalemme. Per questo avevano sopportato fatiche e privazioni senza cedere allo scoraggiamento e alla tentazione di ritornare sui loro passi. Ora che erano vicini alla meta, non avevano da porre altra domanda che questa.
La stella. Quale strada prendere? Quella suggerita dalle passioni o quella indicata dalla stella che brilla nella coscienza? I Magi, udita la risposta: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta” (Mt 2, 5), scelsero di continuare la strada e di andare fino in fondo, illuminati da questa parola. Da Gerusalemme andarono a Betlemme, ossia dalla parola che indicava loro dov’era il Re dei Giudei che stavano cercando fino all’incontro con quel Re che era al contempo l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Quella parola è detta anche per noi. Anche noi dobbiamo fare la nostra scelta.
“Entrati nella casa (sulla quale la stella si era fermata), videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono” (Mt 2, 11).
Il cammino esteriore di quegli uomini era finito. Erano giunti alla meta. Ma a questo punto per loro comincia un nuovo cammino, un pellegrinaggio interiore che cambia tutta la loro vita. Poiché sicuramente avevano immaginato questo Re neonato in modo diverso. Si erano appunto fermati a Gerusalemme per raccogliere presso il Re locale notizie sul promesso Re che era nato. Sapevano che il mondo era in disordine, e per questo il loro cuore era inquieto. Erano certi che Dio esisteva e che era un Dio giusto e benigno. E forse avevano anche sentito parlare delle grandi profezie in cui i profeti d’Israele annunciavano un Re che sarebbe stato in intima armonia con Dio, e che a nome e per conto di Lui avrebbe ristabilito il mondo nel suo ordine. Per cercare questo Re si erano messi in cammino: dal profondo del loro intimo erano alla ricerca del diritto, della giustizia che doveva venire da Dio, e volevano servire quel Re, prostrarsi ai suoi piedi e così servire essi stessi al rinnovamento del mondo. Appartenevano a quel genere di persone “che hanno fame e sete della giustizia” (Mt 5, 6). Questa fame e questa sete avevano seguito nel loro pellegrinaggio – si erano fatti pellegrini in cerca della giustizia che aspettavano da Dio, per potersi mettere al servizio di essa.
Anche se gli altri uomini, quelli rimasti a casa, li ritenevano forse utopisti e sognatori – essi invece erano persone con i piedi sulla terra, e sapevano che per cambiare il mondo bisogna disporre del potere. Per questo non potevano cercare il bambino della promessa se non nel palazzo del Re. Ora però s’inchinano davanti a un bimbo di povera gente, e ben presto vengono a sapere che Erode – quel Re dal quale si erano recati – con il suo potere intendeva insidiarlo, così che alla famiglia non sarebbe restata che la fuga e l’esilio. Il nuovo Re, davanti al quale si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come noi di solito lo immaginiamo. Qui cominciò il loro cammino interiore. Cominciò nello stesso momento in cui si prostrarono davanti a questo bambino e lo riconobbero come il Re promesso. Ma questi gesti gioiosi essi dovevano ancora raggiungerli interiormente.
Dovevano cambiare la loro idea sul potere, su Dio e sull’uomo e, facendo questo, dovevano anche cambiare se stessi. Ora vedevano: il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui. Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere. Non contrappone le sue divisioni ad altre divisioni. A Gesù, nell’Orto degli ulivi, Dio non manda dodici legioni di angeli per aiutarlo (cfr Mt 26, 53). Egli contrappone al potere rumoroso e prepotente di questo mondo il potere inerme dell’amore, che sulla Croce – e poi sempre di nuovo nel corso della storia – soccombe, e tuttavia costituisce la cosa nuova, divina che poi si oppone all’ingiustizia e instaura il Regno di Dio. Dio è diverso – è questo che ora riconoscono. E ciò significa che ora essi stessi devono diventare diversi, devono imparare lo stile di Dio.
La loro adorazione. Di essa facevano parte anche i regali – oro, incenso e mirra – doni che si offrivano a un Re ritenuto divino. L’adorazione ha un contenuto e comporta anche un dono. Volendo con il gesto dell’adorazione riconoscere questo bambino come il loro Re al cui servizio intendevano mettere il proprio potere e le proprie possibilità, gli uomini provenienti dall’Oriente seguivano senz’altro la traccia giusta. Servendo e seguendo Lui, volevano insieme con Lui servire la causa della giustizia e del bene nel mondo. E in questo avevano ragione. Ora però imparano che ciò non può essere realizzato semplicemente per mezzo di comandi e dall’alto di un trono. Ora imparano che devono donare se stessi – un dono minore di questo non basta per questo Re. Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il potere, a questo modo d’essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Non domanderanno più: Questo a che cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi.
“Entrati nella casa, videro il bambino e Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono” (Mt 2, 11). Cari amici, questa non è una storia lontana, avvenuta tanto tempo fa. Questa è presenza. Qui nell’Ostia sacra Egli è davanti a noi e in mezzo a noi. Come allora, si vela misteriosamente in un santo silenzio e, come allora, proprio così svela il vero volto di Dio. Egli per noi si è fatto chicco di grano che cade in terra e muore e porta frutto fino alla fine del mondo (cfr Gv 12, 24). Egli è presente come allora in Betlemme. Ci invita a quel pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione. Mettiamoci ora in cammino per questo pellegrinaggio e chiediamo a Lui di guidarci. Amen.
“Poiché sono dorate, i migranti mi sono sembrati Re Magi, guidati da una loro personalissima stella cometa: il desiderio vitale di sfuggire alle guerre, violenze, povertà, carestie e siccità dei loro paesi. “( Fiamma Satta, febbraio 2016, cfr: https://diversamenteaff-abile.gazzetta.it/2016/02/25/coperte-isotermiche-re-magi-e-idioti/?refresh_ce
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- In copertina: immagine tratta dall’articolo di Fiamma Satta linkato sopra.
- Testi tratti da: https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2005/august/documents/hf_ben-xvi_spe_20050820_vigil-wyd.html