La trasfigurazione rovesciata
Scritto da LORENZO CUFFINI.
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All`udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell`uomo non sia risorto dai morti»
Narrativamente parlando, l’episodio della Trasfigurazione è un piccolo capolavoro di stringatezza evangelica. In poche righe viene raccontata l’ esperienza, letteralmente stra -ordinaria, che tocca a Pietro, Giacomo e Giovanni. Non solo vengono presi “in disparte” da Gesù che li porta con sé sull’alto di un monte, ma lì si svela loro: con i segni e la potenza della divinità. I tre vivono in successione , appena accennata e riassunta al massimo, una triplice ed indicibile esperienza: fisica – vedono con i loro occhi Gesù trasfigurato nell’aspetto visibile – spirituale – l’apparizione di Elia e Mosè che “conversano” con Lui – e mistica – la nube luminosa, e la voce di Dio stesso. Non basterebbero i più sofisticati effetti speciali di ultima generazione per rendere plausibile e intellegibile una esperienza di questo genere… dunque il consueto stile asettico e prosciugato del Vangelo è alla fine quello che maggiormente riesce a dare una idea dell’ineffabile.
C’è poi un seconda parte del racconto che interseca la prima e la sopravanza: si tratta della reazione degli apostoli e del Maestro stesso. Pietro, che nei momenti che contano riesce (quasi) sempre a buttare il cuore oltre l’ ostacolo e a prender la parola, se ne viene fuori con una richiesta che appare umanissima quanto stridente rispetto al soprannaturale dell’accaduto: lasciami costruire tre tende! Una per Te, una per Mosè e una per Elia. E’ bello per noi restare qui! C’è una nota sognante e infantile in questa constatazione. Deve essere stata la beatitudine di quell’incontro inaudito che ha parlato in lui, e il desiderio struggente quanto ingenuo, di prolungarla indefinitamente. E lo si puo’ ben capire, specie pensando alla radicalità della scelta di questi uomini nel seguire Gesù solo sulla Sua parola, alla fatica quotidiana di confermare quella scelta, ai dubbi e alle difficoltà nel capire e nel credere. Ora, d’improvviso, in cima al monte, tutto sembra sciogliersi , appianarsi, risolversi e tutto sembra compiersi. Inaspettatamente, in quella rivelazione di luce, di sensi, di visioni che li coinvolge interamente e in un attimo fa assaporare loro la realtà stessa di Dio. Tuttavia questa beatitudine non si fa nemmeno tempo a esprimerla compiutamente (mentre ancora parlava) che risuona la Voce e li avvolge la Nube. Allora è timore, inadeguatezza, prosternazione: la presenza di Dio che, prima e aldilà di tutto, sgomenta e atterra.
Nell’ultima parte del racconto la scena se la prende tutta Gesù. Tornato quello di sempre, si avvicina. Tocca. Calma. Rincuora. Dopo essersi svelato in una dimensione ultraterrena, è come se si volesse mostrare particolarmente corpo: si fa prossimo, allunga la mano, parla. Ristabilisce la sua umanità integrale, si riappropria della solitudine nostra: cioè senza più luci, splendori, viventi del passato, nubi, voci tonanti. Il divino evidente è refluito; il normalissimo umano è ripristinato. Eppure, quanto poco “normale” doveva risultare, dopo quello che era stato rivelato. Alla fine, il racconto si conclude con quell’ordine, imperioso e misterioso allo stesso tempo, comunque inquietante, con quel vincolo a tacere fino alla resurrezione dai morti, che suggella un implicito legame tra la gloria inebriante intravista e una oscura tappa di morte precedente.
La Trasfigurazione raccontata nel Vangelo è dunque una rivelazione per quanto fugace e provvisoria, della vera natura di Gesù Cristo. Ora: se si compie un salto di duemila anni, e ci si paracaduta su una delle riscritture più celebri e pop che siano state concepite, il Jesus Christ Superstar degli anni 70 del novecento, di questo episodio non troviamo traccia. Ci imbattiamo invece in un’altra storia, che ha anch’ essa a che fare con la natura del Maestro e su come essa possa essere percepita. In questo caso è Maria Maddalena che, nella solitudine di una notte e davanti al volto addormentato di Gesù , ha una intuizione su chi Lui sia veramente.
“Lui è un uomo. Lui è solo un uomo
E ho avuto così tanti
uomini prima
In molti modi
Lui è solo un altro ancora.”
Anche in questo caso e ai suoi occhi Gesù in un certo senso si trasfigura, ma è lei a renderlo possibile: in modo per così dire rovesciato, completamente terreno e recisamente umano. Non è il divino ad irrompere, ma la concretezza tutta terrena e carnale che ad un tratto sembra giustificare pienamente il suo “ He’s just a man”. Logico che, in questo caso , davanti a questo flash che sembra comunque fare luce, non c’è beatitudine estatica e desiderio di contemplazione sospesa. Al contrario nascono domande e dubbi su umanissimi comportamenti che ne possono derivare:
Dovrei farlo cadere?
Dovrei urlare e gridare?
Dovrei parlare d’amore
Lasciar uscire i miei sentimenti?
Non ho pensato che sarei arrivata a questo.
Che cosa significa?
Come Pietro nel Vangelo, anche Maddalena sembra cullarsi per un attimo nell’illusione fanciullesca di tenersi tutto per sé quel Gesù appena “scoperto”. Poco prima infatti, aveva cantato:
“…perciò dimenticati di tutti noi, stanotte
Va tutto bene, sì, va tutto bene, sì
Dormi, allevierò le tue pene, ti calmerò e ti ungerò
Mirra per la tua calda fronte, oh
E poi sentirai
Che va tutto bene, sì, è tutto a posto
È fresco e dolce l’unguento
Per il fuoco nella tua testa e nei tuoi piedi
Chiudi gli occhi, chiudi gli occhi
E rilassati, non pensare a niente, stanotte”
Ma anche nel suo caso, le illusioni sembrano infrangersi su una nota di inquietudine e paura:
“lui mi spaventa
Non ho pensato che sarei arrivata a questo.
Che cosa significa?
Eppure,
se lui ha detto che mi ama
Potrei essere perduta.
Potrei essere impaurita.
Non potrei farcela,
non potrei proprio farcela.
Potrei girare la testa.
Potrei indietreggiare.
Non vorrei sapere.
Lui mi spaventa davvero”
Se nel racconto del Vangelo, il desiderio di Pietro di restare così per sempre deriva dall’aver colto per un attimo il Gesù vero Dio, nella storia di JC Superstar l’invito di Maddalena a chiudere gli occhi , rilassarsi e non pensare a null’altro deriva dal cogliere appieno il Gesù il vero Uomo. In entrambi i casi, alla scoperta fulminante segue un momento di intensa paura. Come se avere un desiderio appassionato di Cristo, comunque lo si desideri, e trovarsi improvvisamente di fronte alla vera sostanza della sua natura significhi essere anche obbligati a prendere coscienza della propria realtà, del film che ci si è fatti in testa, delle idee tutte personali che si sono fatte su di Lui, della lontananza tra queste e una verità sul suo conto che continua a sfuggire ad ogni schema. Una prova che disorienta, scuote, butta all’aria.
Vivere la Trasfigurazione, o una trasfigurazione rovesciata, mostra in definitiva che amare, per quanto intensamente, ma inevitabilmente a modo proprio, non basta. Viene per tutti il momento in cui dal monte si discende, in cui una calda notte accanto al fuoco, finisce. Allora, sollevando gli occhi, non si vede più nessuno, se non Gesù, solo. Non Quello che ci piacerebbe vedere.