Neverending stories.

25 Febbraio 2017Lorenzo Cuffini

Scritto da GIAN LUCA CARREGA

 

Le parabole che Gesù racconta nei vangeli sinottici sono un ottimo esempio di comunicazione interattiva con il suo uditorio.

Alcune di esse cominciano con una provocazione, con un appello che rivolge al suo pubblico. “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine?” (Lc 14,28). Altre volte l’invito ad intervenire fatto agli uditori è posto verso la conclusione della storia. Cosa farà il padrone della vigna con quei lavoranti che hanno bastonato i servi mandati a raccoglierne i frutti e per giunta gli hanno ammazzato il figlio? La risposta dei presenti è corale: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo” (Mt 21,41). Questa parabola è poi particolarmente efficace perché raggiunge esplicitamente i diretti interessati. Il commento conclusivo dell’evangelista è che “udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro” (Mt 21,45).

Accanto all’interazione con le persone in carne e ossa che ascoltano le parole pronunciate da Gesù, c’è un secondo piano narrativo, costituito dai lettori dei vangeli. Il loro coinvolgimento è soltanto parzialmente associabile a quello dei referenti diretti, ma avviene anche attraverso altri mezzi. Una di queste tecniche è il cosiddetto finale aperto, che consiste nel non dare la soluzione all’evento che è stato raccontato nella parabola. Il caso più famoso è probabilmente quello del figliol prodigo (Lc 15,11-32).

Qui abbiamo a che fare con una trama piuttosto elaborata, dove si intrecciano la storia del figlio ribelle, protagonista della prima parte, e quella del fratello disciplinato, descritto nella seconda. Il padre è il personaggio che fa da mediatore tra queste due figure che non si incontrano. Il figlio lavoratore si dichiara totalmente refrattario all’idea di prendere parte ai festeggiamenti che il padre ha imbandito per il ritorno a casa dell’altro figlio. Per questo il genitore gli esce incontro (come aveva fatto con quell’altro ) e lo supplica di entrare. Ma la narrazione si chiude qui. Alla fine, entra o non entra? L’evangelista tace deliberatamente sulla questione. Farlo entrare o meno è una scelta del lettore, che, a seconda dell’opzione di finale che sceglie, prende personalmente posizione sulla vicenda.

Anche questo rientra nelle tecniche di coinvolgimento diretto tipiche del racconto in forma di parabola. Un altro esempio simile potrebbe essere la parabola del fico improduttivo di Lc 13,6-9 (alla fine darà frutto o sarà tagliato?). E laddove il finale lascia l’amaro in bocca, come nel caso delle cinque vergini che trovano la porta chiusa quando tornano dall’acquisto dell’olio per le loro fiaccole (Mt 25,10-12), interviene la pietà popolare che fa aprire la porta anche a queste per la misericordia e la compassione dello Sposo.

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