A SERIOUS MAN .
Scritto da DAVIDE BRACCO.
A SERIOUS MAN di Joel&Ethan Coen – Una rivisitazione nichilista de Il libro di Giobbe.
I fratelli Coen (produttori, sceneggiatori e registi dei propri lavori) da ormai più di trent’anni analizzano da sempre la miseria dell’uomo di fronte alla logica inafferrabile della realtà, nella consapevolezza dell’inutilità del raziocinio. Lo svuotamento di senso non è solo un tema astratto per i fratelli ma anche una connotazione stilistica forte, che li porta ad utilizzare i generi classici del cinema (il noir, la commedia) ma svuotandoli dei clichè, fino a renderli gusci vuoti dove innestare la propria visione del mondo.
Inevitabile appare quindi l’incontro dei Coen con il libro di Giobbe, capolavoro della letteratura universale e summa sulla ricerca di senso nelle azioni umane, in A serious man del 2009. Un film che fino dalla ambientazione si connota subito come personale e sincero per i due registi, ambientato nei luoghi della loro giovinezza nell’America del MidWest (Minnesota) della fine degli anni sessanta del secolo scorso.
Larry è un professore ebreo di fisica, la cui esistenza divisa tra scuola e lavoro precipita dopo una serie di accidenti che coinvolgono il suo mestiere (diffamato da anonimi), i suoi familiari (un fratello giocatore d’azzardo e pedofilo), i figli (indolenti e distratti) e una moglie infedele. A queste disgrazie Larry oppone dapprima la sua condotta integerrima da serious man, ma la situazione precipita e non gli vengono più in sostegno la scienza (agli studenti insegna in una scena il principio di indeterminazione che disvela i limiti di conoscenza) né la religione, dopo aver inutilmente chiesto aiuto a tre rabbini della comunità.
Il film, fedele alla loro maniera, è piacevole nel suo svolgersi tra situazioni ridicole e farsesche in ossequio alla più classica comicità jewish, ma non concede spazio alla speranza finale quando morte e fine sembrano coincidere nell’approssimarsi di una grave malattia per Larry e di un violento tornado destinato ad imbattersi in paese.
Manca davvero una speranza in questo lavoro dove, diversamente dal testo biblico, non ha dimora la presenza di Dio, mai richiamato dagli stessi rabbini, incapaci di risposte chiare e bloccati dalla mera pratica rituale. Alla mancanza del prologo a Giobbe con la presenza di Satana, il film sostituisce uno squisito episodio iniziale recitato in yiddish da una coppia ashkenazita alle prese con un ipotetico dybbuk (uno spirito maligno). Dieci minuti di cinema nonsense che valgono da soli lo spettacolo.