Riscrivere: due diverse traiettorie (2)
Scritto da GIAN LUCA CARREGA.
Se usciamo dai confini della Bibbia canonica, ci accorgiamo che entrambi gli approcci di intervento furono operativi fin dai primi secoli. I cosiddetti Vangeli apocrifi rappresentano molto spesso una concessione alla curiosità dei lettori devoti e inventano dettagli che vanno a coprire alcuni spazi vuoti lasciati dalla trama dei Vangeli canonici. Per questo si concentrano soprattutto sull’infanzia di Gesù e su personaggi minori che consentono un ampio margine di discrezionalità senza entrare in conflitto con la tradizione assodata. Altre volte, però, questi testi intendono modificare le idee dei Vangeli canonici intervenendo in maniera più sostanziale, a volte enfatizzando la natura umana di Gesù (soprattutto nei vangeli dell’infanzia) e altre volte azzerandola quasi del tutto (Vangeli gnostici). Perciò è possibile che in uno stesso testo la riscrittura operi sotto più profili.
Le riscritture moderne, che nella quasi totalità sono aliene da interessi religiosi, si orientano in prevalenza sulla direttrice integrativa. La narrazione biblica è di solito molto asciutta, si limita a descrivere i fatti in maniera oggettiva lasciando al lettore il compito di indagare sulle motivazioni. Agli scrittori contemporanei piace, invece, indagare sulla psicologia dei personaggi e possono tentativamente cercare di ricostruire le intenzioni che hanno mosso ad agire le figure bibliche.
Ci si pone davanti a degli «spazi bianchi», come li ha definiti Elena Loewenthal presentando il suo lavoro su Sara durante la visita divina di Genesi 18, e si rimpolpa un episodio con degli elementi nuovi che sono convenzionalmente fittizi (il romanziere non ha accesso a fonti nuove come lo scrittore sacro) per conferire un realismo di situazioni che giova all’immaginazione del lettore. Per certi aspetti, è la storia originale che ci invita intenzionalmente a questo in alcune situazioni: il silenzio tra Abramo e Isacco mentre salgono sul monte Moria obbliga quasi il lettore a immaginare cosa passi per la testa ai due personaggi ed è quanto ricorda retroattivamente l’Isacco di «Amen» creato da Margherita Oggero.
Il modo in cui ci si pone di fronte al testo da rinarrare non è mai competitivo, non più cioè di quanto lo fossero le Heroides di Ovidio nei confronti dell’epica greca e latina. Ma proprio come tutta la letteratura di questo genere (la citazione dotta, la parodia, il sequel, ecc.) l’efficacia del risultato dipende molto dal grado di familiarità dell’autore e dei destinatari con il testo originale. «I giorni sulla terra» è un bellissimo racconto di Elena Varvello che può essere goduto anche da chi non ha mai sentito parlare di Giobbe, ma è chiaro che si aprono nuovi orizzonti di comprensione se si coglie in filigrana il rimando alla storia biblica.
Il bacino di potenziali interessati alla riscrittura biblica nel nostro Paese è fatalmente esiguo per la scarsa conoscenza della Scrittura, un problema che mescola la tradizionale diffidenza cattolica verso la lettura personale della Bibbia con la scarsa propensione alla lettura della nostra popolazione. Eppure la vera sfida delle riscritture, a mio avviso, è proprio questa: cercare di attrarre nuovi lettori al testo sacro attraverso opere che lo presuppongono. Ho cominciato a leggere Flannery O’Connor quando mi hanno spiegato che molti testi delle canzoni di Bruce Springsteen erano ispirati ai suoi racconti. Oggi continuo ad avere una venerazione particolare per il Boss, ma si è accesa anche la passione per la scrittrice di Savannah. Per dire come le vie del Signore sono infinite e si possa trovare una strada per la Parola anche attraverso i sentieri accidentati della letteratura.
Flannery O’Connor nel 1947
- Tratto dall’articolo Scrivere e riscrivere la Bibbia – su ” La Voce e il Tempo ” del 28/9/2017. La prima parte del post è stata pubblicata sul blog il 7/10/17.