In principio… era il Verbo
Scritto da MARIA NISII.
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta. (Vangelo secondo Giovanni)
L’inizio del quarto vangelo richiama in modo esplicito la prima pagina della Bibbia, una ripresa utile a sostenere come la creazione fu compiuta mediante il Logos. Nella filosofia greca questa parola indica sia la ragione umana che l’insieme delle leggi che reggono l’universo, mentre nel linguaggio teologico del Nuovo Testamento indica la rivelazione, il Verbo, la Paola di Dio rivolta agli uomini nella persona di Gesù di Nazareth. Negli scritti giovannei va dunque intesa come il Figlio nella sua preesistenza divina.
Secondo alcuni autori a fondamento di questo prologo vi è un inno cristologico preesistente e adattato dal redattore del Vangelo. Invece la ripresa dell’in principio genesiaco introduce “al di là dell’inizio della creazione e penetra nel mistero stesso di Dio e della sua eternità. Chi vede nel prologo un forte richiamo alla prima creazione, interpreta l’azione del Verbo come una nuova creazione” (Giuseppe Segalla, Giovanni)
Prima che Abramo fosse, Io sono (Gv 8,58): queste parole di Gesù ribadiscono lo stesso concetto espresso nel prologo, ovvero la preesistenza di Gesù (prima che Abramo fosse) e la sua identità divina (Io Sono), che intende richiamare il nome divino di Es 3,14 (anche in Gv 6,20 e 18,5).
…come era nel principio
e ora e sempre
nei secoli dei secoli
Il Gloria, preghiera di lode al Dio trinitario che afferma a parole quanto si compie nel segno della croce, si conclude con una dossologia che richiama il carattere eterno del divino. E l’eternità, ovvero l’essere fuori dal tempo così come lo concepiamo noi esseri umani, è espressa con la formula riportata, in cui – riprendendo l’in principio – si richiama pure l’attributo di creatore.
Questa affermazione è stata inoltre una risposta all’obiezione degli ariani, che ritenevano il Figlio la prima delle creature e dunque un essere creato nel tempo. Ragione per cui nel Credo è stata inserita la frase “Generato e non creato…”.
L’in principio indica invece un concetto di atemporalità quasi incomprensibile per chi vive nel tempo e nello spazio. Il Salmo 90 (89) lo dice in forma poetica:
Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte.
Nessuno di noi riesce a immaginare un tempo superiore a quello che ha vissuto; tanto meno un’unità temporale tanto vasta e imprendibile. È in tale incommensurabilità che il credente pensa il divino, consapevole che una vita intera non esaurirà la ricerca, ma che pure tale ricerca gli è indispensabile.
“Così noi poniamo il principio che parlare di inizio riguardo a Cristo non significa soltanto riconoscere o designare uno o più inizi relativi supplementari nel corso di una storia capace di sopportarne all’infinito; significa anche dire un inizio, ultimo, che non potrà, al modo dell’inizio assoluto di creazione, non relativizzare tutti gli altri” (Pierre Gilbert, Bibbia miti e racconti dell’inizio p. 213)
Nella basilica di san Marco a Venezia vi sono una serie di mosaici del XII-XIII sec. (ispirati a modelli bizantini rinvenibili anche nella cattedrale di Monreale e probabilmente tutti dipendenti da iconografie precedenti, quali la Bibbia Cotton, codice del V-VI sec.), in cui si dà riscontro iconografico del brano giovanneo in quanto il protagonista della creazione ha le sembianze del Figlio e non del Padre. È così in tutta l’arte rinascimentale, che rappresenta Dio creatore con le fattezze del Figlio.
D’altronde la resurrezione, avvenuta il primo giorno dopo il sabato, indica simbolicamente l’inizio di una nuova creazione: nel quarto vangelo quella sera stessa Gesù entra nel cenacolo, alitando sui discepoli lo Spirito santo (Gv 20,22) mentre qualche capitolo prima Gesù aveva guarito un uomo cieco dalla nascita impastando del fango e stendendolo sui suoi occhi (9,6-11), ovvero riprendendo il secondo racconto della creazione.
Nella cappella Sistina, e da quel momento in poi, al Creatore sono attribuite le fattezze di Dio Padre, un vecchio dai capelli lunghi e dalla barba bianca (riferimento al libro del profeta Daniele – 7,9 – che ha la visione di un vegliardo assiso in trono con i capelli candidi come lana), perdendo il richiamo del Logos creatore.
Nel nostro blog Norma Alessio ha già parlato di creazione nell’arte: