ANCHE GLI ANGELI PIANGONO…
Scritto da NORMA ALESSIO.
Ammirando un dipinto con soggetto sacro siamo attratti dalla scena principale, raramente ci soffermiamo ad osservare i singoli personaggi, magari anche secondari, che compongono la scena. Propongo di osservare in queste opere, solo dove sono presenti, gli angeli e come sono stati realizzati nelle varie epoche dagli artisti.
Li troviamo in affreschi, sculture, miniature, partecipi di fatti e di situazioni connessi con la tradizione oppure con la Sacra Scrittura. Dal contesto della scena in cui sono inseriti nelle varie opere pittoriche capiamo se le funzioni, che gli artisti hanno dato loro, sono mere interpretazioni o corrispondono ai racconti biblici.
Gli angeli nelle sacre scritture sono citati nei vari avvenimenti, ma mai descritti in modo preciso; solo il profeta Ezechiele riferendosi ai Cherubini nel capitolo 1 ai versetti 6-11 ne fa una descrizione in cui emerge una visione tutt’altro che umana; ma altrove la Bibbia racconta che prendono svariate sembianze e possono anche apparire con aspetto umano.
Gli episodi del Nuovo Testamento in cui compaiono gli angeli sono quelli che accompagnano la vicenda dell’incarnazione, della passione, morte e resurrezione di Gesù: (Lc.1,11-12) l’angelo Gabriele apparve a Zaccaria che si turbò e fu preso da timore; lo stesso ne annuncia la venuta nel grembo di Maria (Lc. 1,26); cantano ai pastori di Betlemme la gioia grande di una nascita nascosta; intervengono nei sogni di Giuseppe (Mt. 1,19; Mt. 2,12; Mt. 2,19-20) e con la stella dei Magi per indicare il cammino (Lc. 2,8; Lc. 2,21); dopo il Battesimo appaiono accanto a Gesù per servirlo al termine della lotta contro il tentatore (Mt.4,6; Mt.13,41;Lc.15,10; Lc. 16,22; Lc. 18,10) Gli si accostano nell’ora della prova al giardino del Getsemani, ed infine indicheranno la tomba vuota alle donne dopo la Resurrezione (Mt. 28,2; Mc.16,15; Lc.24,2; Gv.20,12).
Le prime immagini degli “esseri spirituali” sono uomini, talora con la barba, rappresentati senza ali, come nella antica Annunciazione della catacomba di Priscilla (II-III secolo d.C.).
Nei secoli successivi l’iconografia tradizionale si altera e la fantasia degli artisti dà agli angeli libertà di sentimenti e di atteggiamenti. Il Beato Angelico, nel XIV secolo, dipingeva in prevalenza angeli dalle tuniche rosa o blu decorate con stelle d’argento e d’oro che giocano con arpe, trombe o violini, danzano versando petali di rosa e fiori per celebrare la gioia dei santi e dei beati. Nel XV secolo poi, erano coronati di fiori, intenti a cantare le lodi agli abitanti del cielo; nella stessa epoca gli artisti fiamminghi, dipingevano gli angeli vestiti di tuniche dalle pieghe perfette oppure coperti di sontuosi paramenti di chiesa.
Il periodo più prolifico per la produzione angelica è stato il XVI secolo dove abbiamo una profusione di decorazioni delle volte e delle cupole delle chiese, insieme all’evoluzione del vestiario, la morfologia delle ali sempre più realistiche, e la loro progressiva umanizzazione.
Si osservano angeli (serafini, putti spesso rappresentati solo con una testina ricciuta e due ali) che fluttuano tra le nuvole nelle scenografie celesti; angeli come uomini, talora anche nudi, caratterizzati però dalla bellezza, segno iconografico inconfutabile della loro natura spirituale.
Un interessante esempio di lettura sul ruolo assunto dagli angeli è quella degli affreschi del XIV secolo, a Padova nella Cappella Scrovegni ad opera di Giotto che, come lo definisce il critico d’arte Giulio Carlo Argan , è “artista tormentato da ansie religiose”. In questa circostanza l’artista si avvalse della consulenza del teologo padovano Altegrado de’ Cattanei.
Nella scena del Compianto del Cristo morto, che non trova precisa corrispondenza nei testi, è raggiunto il massimo del pathos. Compaiono le figure angeliche (anche se il racconto non è fedele a quello del Vangelo) assumendo connotati molto umani che entrano nel vivo della storia di Gesù esprimendo il loro incontenibile, disperato dolore con gestualità accentuata; uno di essi è colpito da un dolore così insopportabile da inarcarsi all’indietro ( vedi l’immagine in copertina di articolo, ndr ); c’è chi congiunge le mani ai lati del volto in un atteggiamento di meraviglia e di incredulità, come se non possa credere alla morte di Cristo; c’è chi per la disperazione porta le mani tra i capelli e chi, infine, come gli uomini, prorompe in un pianto liberatorio del dolore. Anche nella scena della Crocifissione, sotto al braccio sinistro di Gesù un angelo rosso, comunemente percepito come gioia e serenità, urla e sta per strapparsi le vesti e gli altri piangono alzando le mani oltre il cielo dipinto.
Giotto, pittore che ha introdotto nei suoi dipinti la naturalità delle figure con le anatomie precise e con la luce che crea le ombre, rompendo con la ieraticità della tradizione gotica, qui riesce, sempre riprendendo le parole di Argan, ad esprimere il concetto “il dolore che tocca il fondo della disperazione umana si eleva nella moralità più alta della rassegnazione e della speranza”.
_______________________________
- In copertina : Giotto, Particolare dal Compianto del Cristo morto, Cappella degli Scrovegni, Padova.