Che miracolo!
Scritto da MARIA NISII.
«Diario di un romanzo rubato» posto a conclusione de Il vangelo secondo Pilato di Eric-Emmanuel Schmitt (2000) è un’ampia nota rivolta al lettore, in cui si dà conto del doppio vangelo riscritto (quello di Gesù dal Getsemani nel prologo e quello di Pilato che indaga sul corpo scomparso del condannato a morte).
In questo «Diario» Schmitt racconta la storia della sua conversione e la genesi dell’opera composta, in cui intende dare nuova vita a una figura che ritiene troppo nota per interessare ancora, dipinta raccontata e cantata in opere da museo o dimenticate, soffocata da pensatori che l’avrebbero ridotta a personaggio storico o all’opposto da una predicazione ecclesiale che ne avrebbe esaltato eccessivamente la divinità. Dopo tutto questo accumularsi di strati di vernice, a suo avviso, il personaggio di Gesù non sembra più interessare il grande pubblico, per il quale è ormai diventato un illustre sconosciuto. Una constatazione che sembra, almeno apparentemente, obliare l’ampia produzione di riscritture costantemente riproposte, anche di un certo successo, con le quali evidentemente l’autore non intende misurarsi.
Da questo «Diario» traiamo il discorso sui miracoli:
«So l’importanza che hanno i miracoli per certuni […]. Ora, ci tengo a presentare un Gesù distante rispetto ai suoi miracoli come un filosofo scettico, un Gesù che abbia letto Renan! Poiché Gesù non è il solo taumaturgo della sua epoca, i guaritori pullulavano in quei tempi di indistinzione scientifica in cui la frontiera tra il normale e il soprannaturale mancava perlomeno di precisione. Inoltre, credo che questo tema del miracolo non debba inquinare la fede moderna; al di fuori della resurrezione non mi interessa nessun miracolo. Infine Gesù stesso, come dicono molte volte i vangeli, sembrava molto infastidito dai suoi miracoli, al punto da non sopportare più che glieli chiedessero. Parecchie volte, si capisce che vi vede una deriva pericolosa, e precisa che la fede deve precedere il miracolo, non succedergli» (pp. 302-3).
A questi fenomeni il Gesù secondo Schmitt non dà quindi importanza e li minimizza – «uno sguardo, una parola possono curare, lo sanno tutti» (p. 59) – perché ritiene di non avere altro potere all’infuori di «aiutare ad aprire la porta» che conduce gli uomini a Dio. Riferisce dunque tutto come si trattasse di un grande malinteso e i racconti di miracolo diventano frutto dell’esaltazione di chi lo ama.
Come altri, Schmitt opera una riscrittura selettiva, persuaso di aver compreso quali tratti della vicenda evangelica siano meglio adatti al racconto nell’oggi e quali non lo siano. L’omissione del sovrannaturale, come ha appunto ricordato nel «Diario», era stata infatti già adottata da Ernest Renan in Vita di Gesù (1863):
«i miracoli furono per Gesù una violenza che gli fece il suo secolo, una concessione strappata da necessità contingenti. L’esorcista e il taumaturgo sono poi caduti, ma il riformatore religioso vivrà eternamente».
Ma per Renan, appunto, Gesù è stato solo un riformatore religioso. Eppure questa rimozione non nasce neppure con Renan, in quanto era già stata avviata nell’Illuminismo filosofico (cfr.Voltaire e Rousseau) dal giovane Hegel in Vita di Gesù (1795), in cui non si racconta la resurrezione né in precedenza si è parlato di prodigi, sfumando o eliminando del tutto ogni riferimento al miracolo.
1 – Continua