Citazioni

5 Marzo 2022Lorenzo Cuffini

 

 

Scritto da  GIAN LUCA CARREGA.

 I Simpson, la celebre serie culto creata da Matt Groening, sono sempre stati una messe di riferimenti culturali che meritano una visione attenta e approfondita dei loro episodi. Così il mattino in cui Lisa si sveglia e trova un pony nel suo letto può essere un passaggio innocuo soltanto per chi non abbia presente l’analoga scena de Il padrino in cui la mafia fa trovare a Jack Waltz al fondo del suo letto la testa decapitata del suo cavallo preferito.

 

 

Ovvio, perché funzionino i riferimenti devono essere riconoscibili. Gli autori biblici sono spesso consapevoli di far parte dello stesso ambiente culturale dei loro lettori, perciò possono almeno in parte presumere che queste strizzate d’occhio possano essere percepite e apprezzate. La cosa è relativamente semplice quando si tratta di giudei che si sono formati nella stessa tradizione scritturistica che prevedeva il mandare a memoria diversi libri del Tanak, cioè la somma di Legge, Profeti e Scritti, le tre parti che costituivano quello che noi cristiani chiamiamo “Antico Testamento”. Perciò quando Giacomo scrive ai suoi destinatari: “Avete sentito parlare della pazienza di Giobbe e sapete la sorte finale che gli riservò il Signore” (Gc 5,11) può tranquillamente ipotizzare che nessuno avrà difficoltà in questo senso perché si rivolge “alle dodici tribù che sono nella diaspora” (Gc 1,1) vale a dire a cristiani che provengono dalla cultura ebraica. Ma quando Paolo scrive a dei credenti che sono per la maggior parte originari del mondo pagano, può attendersi gli stessi risultati?

 

 

Una risposta sensata può arrivare solo esaminando la distribuzione delle citazioni dell’AT nelle sue lettere. Premesso che il conteggio non è facile, perché non c’è accordo sui criteri che ci portano a stabilire dove ci sia una vera citazione e dove una semplice allusione, prendiamo per buono il computo che troviamo nel Greek New Testament edito dalla United Bible Societies. In appendice sono riportate le citazioni dell’AT suddivise nei vari testi del NT. Da qui scopriamo che i rimandi espliciti all’AT nelle lettere di Paolo (tutte, incluse quelle di paternità disputata, escludendo ovviamente Ebrei) sono 107, ma la loro distribuzione è tutt’altro che uniforme. Infatti Romani da sola ne contiene più della metà, 63. Non è solo dovuto alla maggior lunghezza di questo testo né alla nota complessità dello scritto che deve argomentare molto a livello teologico e quindi ricorrere alla prova delle Scritture. Alla presenza massiccia delle scritture giudaiche contribuisce indubbiamente la particolare costituzione della chiesa di Roma, dove erano presenti in abbondanza dei credenti che provenivano dal giudaismo e quindi erano persone in grado di muoversi a loro agio in questo ambito. La controprova verrebbe dal fatto che le lettere ai Tessalonicesi e ai Filippesi, località dove la presenza di cristiani di estrazione giudaica era più rara, non presentano alcuna citazione.

 

Resta però da spiegare il motivo per cui sul podio delle lettere con più citazioni ci siano le due lettere ai Corinzi, la prima con 17 rimandi e la seconda con 10. Qui si sono verificate delle condizioni particolari, perché gli Atti degli apostoli raccontano che in seguito alla conversione del capo della sinagoga, Crispo, “molti dei Corinzi” giunsero alla fede e si fecero battezzare (At 18,8). In effetti lo stesso Paolo deve avere dato grande peso a questa conversione perché quando ricorda di non avere battezzato molti dei Corinzi annovera Crispo tra le eccezioni (1Cor 1,14), segno che probabilmente non poteva sottrarsi a quest’onere. Diverso invece è il caso dei Galati, la lettera che condivide ex aequo il terzo posto con 2Corinzi. Lì non c’era una presenza giudaica sul posto, ma furono dei missionari giudaizzanti che introdussero le scritture ebraiche e quindi Paolo si trova coinvolto, suo malgrado, in dispute che riguardano la corretta interpretazione della Bibbia.

In conclusione, le citazioni dell’AT rivelano ancora una volta che Paolo fu un pastore attento, capace di commisurare i suoi argomenti alle effettive capacità di coloro a cui si rivolgeva. Sono regole semplici a cui ogni comunicatore dovrebbe attenersi eppure l’esperienza ci fa constatare come spesso siano trascurate.

 

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