Dioniso (o Battiato) che danza
Scritto da DARIO COPPOLA.
Concentriamoci, data la sua recente scomparsa, sui versi – intrisi di religione e sacra scrittura – di Franco Battiato, pieni di immagini vive, di visioni un po’ mitologiche, un po’ esoteriche, che s’innestano nel flusso di coscienza e nei ricordi spensierati di un’adolescenza felice:
“Le serenate all’istituto magistrale/ nell’ora di ginnastica o di religione […] per carnevale suonavo sopra i carri in maschera/ avevo già la luna e urano nel leone […] Lady Madonna I can try/ with a little help from my friends […]” (da Cuccurucucù).
La critica, tuttavia, emerge dai testi sarcastici del cantautore, che bacchetta i razionalisti seguaci di s. Ignazio da Loyola, paragonandoli a dei severi monaci buddhisti! E ne fa emergere tutti i tratti più grotteschi, in pochi versi:
“Gesuiti euclidei/ vestiti come dei bonzi per entrare a corte dagli imperatori della dinastia dei Ming […]” (da Cerco un centro di gravità permanente). (*)
Battiato ama la danza e cita il ballerino russo, uno dei più grandi di tutti i tempi, morto a metà degli anni cinquanta: Vaslav Nijinskij. In un’immagine eloquente, sempre in versi fulminanti, il cantautore mette in un suggestivo contrasto coreografico il mondo della Russia comunista con quella credente:
“Un vento a trenta gradi sotto zero/ incontrastato sulle piazze vuote e contro i campanili […] E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi per scacciare i lupi/ e vecchie coi rosari./ Seduti sui gradini di una chiesa/ aspettavano che finisse messa e uscissero le donne/ poi guardavamo con le facce assenti la grazia innaturale di Nijinski […]” (da Prospettiva Nevski).
E sempre emerge la vena critica di Franco Battiato: si sente la critica delle armi, tanto cara alla filosofia marxiana, e si vede quanto stiano a cuore al cantautore siciliano la denuncia contro la borghesia, e il parteggiare per chi fa la rivoluzione, che dalla politica passa spesso alla religione:
“L’ayatollah Khomeini per molti è santità […] Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia/ che crea falsi miti di progresso […]” (da Up patriots to arms).
Ed ecco che si entra in una serie di mondi fusi, come in un sogno, senza accorgerci del passaggio dall’uno all’altro. Dalla Grecia classica, dai suoi miti più affascinanti, eccoci, ad un tratto, già in Giappone:
“[…] i desideri mitici di prostitute libiche/ il senso del possesso che fu pre-alessandrino/ la tua voce come il coro delle sirene di Ulisse m’incatena/ ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo […] tutti i muscoli del corpo/ pronti per l’accoppiamento/ nel Giappone delle geishe/ si abbandonano all’amore/ le tue strane inibizioni/ che scatenano il piacere/ lo shivaismo tantrico/ di stile dionisiaco/ la lotta pornografica dei greci e dei latini […]” (da Sentimiento nuevo).
Dalle geishe, che non sono solo donne atte a soddisfare i piaceri erotici ma anche servitrici di tè e danzatrici…, dal Giappone, dunque, ci troviamo senza accorgercene, in India: lo shivaismo tantrico è il culto induista di Shiva; il tantra è, in sanscrito, la trama o il testo; ci troviamo in un sincretismo religioso: dall’induismo il tantra è entrato anche nel buddhismo – soprattutto nel Tibet – e ne sono nate sette tantriste, che affermano l’identità di spirito e materia, in cui Shiva è il pene, principio maschile, e Shakti la vagina, quello femminile. Nel testo di Battiato l’Oriente pare accoppiarsi con l’Occidente greco (e latino), che alla fine ritorna nella citazione, in una forma quasi uroborica, sicuramente dionisiaca. Certo, Dioniso che danza è l’icona più atta a esprimere i sentimenti religiosi di Franco Battiato, che ancora dice:
“[…] come le balinesi nei giorni di festa. Voglio vederti danzare come i dervisches tourners/ che girano sulle spine dorsali/ o al suono di cavigliere del Katakali. E gira tutt’intorno la stanza/ mentre si danza. Danza […] E radio Tirana trasmette/ musiche balcaniche, mentre/ danzatori bulgari/ a piedi nudi sui bracieri ardenti […] Nei ritmi ossessivi la chiave/ dei riti tribali/ regni di sciamani/ e suonatori zingari ribelli[...]”
(da Voglio vederti danzare).
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(*) A proposito dei Gesuiti euclidei:
Il loro pioniere era “Li Madou”, che vestiva con un caffettano di seta nera e portava sul capo il cilindro tipico dei mandarini, nero anch’esso. Si esprimeva in un cinese impeccabile e scriveva lunghe lettere a dimostrazione della sua perfetta padronanza degli ideogrammi, che gli consentiva d’intavolare dotte discussioni filosofiche coi maestri confuciani.