Enigmi e parabole
Scritto da GIAN LUCA CARREGA.
Qual è il senso di una parabola? Messo davanti ad una domanda così diretta, lo studioso si trincera dietro a una serie di distinguo e comincia a snocciolare una serie di possibili significati, quello che aveva per Gesù quando la raccontava, quello che assume per l’evangelista che la mette per iscritto, quello per la comunità a cui è destinato il vangelo, quello per il lettore contemporaneo, ecc. Un racconto metaforico si presta particolarmente ad una pluralità di interpretazioni e molto dipende da come l’affronta l’osservatore: fino a che punto si estende il paragone?
I padri della Chiesa e gli omileti dei primi secoli vedevano in ogni dettaglio del racconto un elemento simbolico che in realtà rimandava ad una realtà spirituale. Per reazione a questa overdose di simbolismo, agli inizi del secolo scorso il tedesco Adolf Jülicher ipotizzò che ogni parabola avesse un solo punto di paragone con la realtà e che una volta individuato quello, tutto il resto facesse parte del contorno narrativo. Se è vero che i padri esageravano con le allegorie, è vero anche che Jülicher è troppo drastico con il suo metodo teutonico e rischia di impoverire la natura altamente simbolica dei racconti orientali.
Prendiamo una parabola molto breve come quella dell’uomo che parte per un viaggio (Mc 13,34-36). La storia è molto semplice: un uomo va via per parecchio tempo e lascia dei compiti ai suoi servi; non sapendo quando tornerà, essi dovranno vegliare per non farsi cogliere impreparati. Non ci sono molti dubbi sul fatto che il padrone di casa sia Gesù e che i servi siano i discepoli. Ma poi ci si pone l’interrogativo: il portiere a cui viene dato il compito specifico di vegliare (v.34) è una figura che si distacca da tutte le altre? Possiamo ipotizzare un riferimento specifico a Pietro in quanto rappresentante degli apostoli, un leader con maggiori responsabilità? Ma allora perché tutti devono vegliare se c’è uno che ha ricevuto espressamente questo incarico?
Un altro problema è dato dalle ipotesi che vengono fatte circa il momento del ritorno, che spaziano dalla sera al primo mattino. Ma perché il padrone non potrebbe tornare in pieno giorno? Quando uno è in viaggio in un paese lontano impiega diverso tempo per ritornare, dunque perché esporsi ai pericoli di un viaggio notturno quando non c’è alcuna fretta di tornare qualche ora prima? Qui pare probabile che l’elemento della notte sia stato aggiunto per creare pathos e collocare nella storia un particolare che rende più difficile il tempo dell’attesa, così da avvicinarsi maggiormente alla reale fatica della chiesa primitiva che aspettava il ritorno del suo Signore in un clima ostile e di persecuzione. Così un dettaglio poco rilevante per l’economia del racconto e persino un po’ bizzarro diventa un suggerimento utile per comprendere l’applicazione della parabola.