Fastidiose
Scritto da GIAN LUCA CARREGA.
Non sempre è facile per il lettore dei vangeli, soprattutto se credente, accettare che alcune immagini che Gesù adopera nel suo campionario di esempi siano tratte da realtà banali e persino fastidiose nella vita ordinaria. Le nostre scarse competenze botaniche ci fanno glissare sul fatto che il granello di senape, a cui viene paragonato il Regno in Marco 4,31, produce una pianta infestante con cui i contadini devono lottare cercando di sbarazzarsene. Vederla crescere in fretta e diffondersi con rapidità può essere suggestivo dal punto di vista emotivo ma è anche una gran seccatura!
Mi ha fatto ritornare su questo tema il libro recente di un collega ed amico (Mirko Pozzobon, Mosche bianche: manuale di sopravvivenza per parrocchiani, San Paolo) che rievoca due immagini evangeliche spesso bistrattate o trascurate, il lievito e il sale. In Matteo 13,33 Gesù racconta la microparabola di una donna che aggiunge il lievito all’impasto di farina e lo fa fermentare tutto. Anche questa è una metafora usata per spiegare la crescita del Regno e tendiamo a vederla positivamente (del resto se avete assaggiato le torte-mattone di qualche cuoca improvvisata sapete bene quanto il lievito sia un ingrediente fondamentale). Ma in tutti gli altri passi del Nuovo Testamento in cui si parla di lievito, la connotazione è negativa. Gesù invita i discepoli a guardarsi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia (Luca 12,1). Paolo invita i credenti a essere azzimi, cioè senza lievito (1Corinzi 5,7), ricordando che basta poco lievito per far fermentare tutta la pasta (Galati 5,9), cioè per corromperla. Ed è bene ricordare che il lievito era un elemento bandito dai sacrifici giudaici, che li avrebbe resi inadatti all’offerta.
Del sale non si può dire che se ne abbia la stessa percezione negativa e tuttavia ha un tratto in comune col lievito, cioè la percentuale minoritaria, quasi insignificante rispetto alla totalità, ma in grado di farsi sentire. Non salare l’acqua per gli spaghetti è un’inavvertenza che viene subito notata da tutti. L’idea, quindi, è che l’essere minoranza del cristiano-lievito e del cristiano-sale è per certi aspetti costitutiva: non potrebbe – neppure se lo volesse – divenire maggioranza, pena un impasto ipertrofico o un piatto ipersalato. Ma non è su questo che Gesù vuole richiamare l’attenzione con i suoi racconti parabolici, quanto sulla necessità che un elemento estraneo e persino sgradevole se preso da solo (chi ciuccia il sale o si fa bustine di lievito?!) diventa gustoso e anzi necessario per dare un senso ad una realtà a cui non appartiene.