I CATTIVI DELLA BIBBIA
Scritto da GIAN LUCA CARREGA.
Nelle Scritture, pare quasi scontato dirlo, non ci sono solo personaggi positivi, ma anche una pletora di figure negative che spesso rimangono in secondo piano perché nessuno si prende la briga di scrivere su di loro. Certo, Giuda può costituire una significativa eccezione, ma gente come Gezabele, Oloferne o la moglie di Potifarre rimangono degli emeriti sconosciuti.
Eppure il fascino che esercitano i cattivi spinge alcuni a esplorare questi personaggi “repellenti” che spesso hanno il solo scopo di fare emergere la bontà dei buoni. Tra i vari titoli che si pubblicano in America su questo argomento mi ha colpito, soprattutto per il titolo, questo testo di J.R. Forasteros: Empathy for the Devil: Finding Ourselves in the Villains of the Bible (Empatia per il diavolo: riconoscerci nei cattivi della Bibbia). Ai rockettari non sarà sfuggito il chiaro riferimento a una delle hit più famose dei Rolling Stones, Sympathy for the devil, ma ciò che conta davvero è la ricerca di una indagine psicologica sui motivi che spingono i cattivi ad essere tali.
Per dire, perché Caino diventa il primo omicida della storia ammazzando suo fratello Abele per quelli che un giudice qualificherebbe come “futili motivi”? Perché Dalila mette il suo amato Sansone nelle mani dei nemici filistei? Perché il discepolo Giuda tradisce il suo maestro Gesù? L’impressione è che molti racconti biblici adottino la stessa impostazione moralistica della tragedia greca, dove la rappresentazione del male è catartica e il male viene portato sulla scena perché lo spettatore o il lettore veda dove porta e se ne tenga lontano. In effetti non mancano pagine bibliche che hanno un’impostazione, per così dire, didattica: il faraone si ostina a mettere i bastoni tra le ruote ai giudei e alla fine viene spazzato via dal mare coi suoi carri. Però è un dato di fatto che alcuni cattivi ci ispirano, se non proprio simpatia, quantomeno una sorta di compassione. Giuda compie un’azione infame, eppure riusciamo quasi a immaginare la sua disillusione verso Gesù e a comprendere come possa essere arrivato a tanto. Ma chi prova tenerezza per Caifa? Ecco il punto, i cattivi non sono tutti uguali, alcuni hanno dei tratti più umani che ce li fanno sentire comunque vicini, altri sono così zotici e grossolani che non vogliamo avere nulla a che fare con loro.
Prendiamo il gigante filisteo Golia: spavaldo, aggressivo, beffardo. Quando Davide gli piazza una pietra in fronte tutti pensano: “Ben gli sta!”. A proposito, Davide. Non che voglia mettere nella cerchia dei cattivi il santo salmista, ma insomma, quando si concede un’avventura con la moglie di uno dei suoi generali più fedeli e per non fare scoprire la tresca fa in modo che venga ucciso, lì supera davvero il confine del lecito. È un buono che diventa cattivo e ci dispiace. Ed è un monito significativo dell’autore sacro, che rifugge le semplificazioni nette, coi buoni di qua e i cattivi di là (pensate al Tersite di Omero, una caricatura che assomma tutti i difetti possibili). No, i buoni possono diventare cattivi, come i cattivi a volte, ma raramente, si redimono. Perciò i cattivi nella Bibbia non servono solo a far trionfare i buoni, ma anche a ricordare ai lettori il dovere della scelta, cioè da che parte stare nella vita.
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In copertina : Giuditta e Oloferne di Caravaggio-particolare.