I poeti: angeli musicanti caduti sulla terra (II parte)

13 Febbraio 2021Lorenzo Cuffini

Scritto da DARIO COPPOLA.

 

È il realismo che domina sull’aspetto visionario delle immagini di Francesco De Gregori, sia pure un realismo irrigato da una battente pioggia di spiritualità:

«Ogni giorno c’è un pezzo di strada da macinare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E una lacrima che sa di pioggia e che sa di sale /Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ti aspetterò così come si dice che si deve fare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non sarò mai troppo stanco di stare a aspettare/ Un altro giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non c’è niente di stabilito tutto può cambiare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non esiste un cavallo sicuro su cui puntare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ogni giorno metto in tavola qualcosa da mangiare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E certe volte non trovo parole per ringraziare/ Per ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E ognuno cerca di fermare il tempo e il tempo non si sa fermare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ognuno cerca di passare il tempo e il tempo si vede passare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ A volte mi sento come un prigioniero da liberare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ma non ci sono sbarre e non c’è modo di scappare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ogni giorno c’è un pezzo di strada da ritrovare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E una lacrima da benedire e da conservare/ Per tutti i giorni di pioggia che Dio manda in terra».

(Testo integrale di Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra da Per brevità chiamato artista).

 

 

Sembra quasi di guardare dipinti come L’Angelus di Millet

 

 

E’ un realismo, anzi un neorealismo manieristico, non scevro di citazioni, quasi a evocare così la figura di Pasolini alla quale De Gregori ha dedicato una bellissima canzone:

«Non mi ricordo se c’era luna, e né che occhi aveva il ragazzo,/ ma mi ricordo quel sapore in gola e l’odore del mare come uno schiaffo./ A Pa’. /E c’era Roma così lontana, e c’era Roma così vicina,/ e c’era quella luce che li chiama, come una stella mattutina./ A Pa’. /A Pa’. /Tutto passa, il resto va./ E voglio vivere come i gigli nei campi, come gli uccelli del cielo campare, e voglio vivere come i gigli dei campi, e sopra i gigli dei campi volare».

(Testo integrale di A Pa’).

È chiara la citazione dell’Evangelo secondo Matteo, al quale Pasolini si era ispirato per realizzare un capolavoro della storia del cinema: «[…] per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete […] Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?[…] E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro […] Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» ( Mt 6, 25-33).

Il Vangelo secondo Matteo… e Pasolini: un maestro di vita per De Gregori? Un mito? Sembra di sì… Sicuramente anche un… angelo custode.E De Gregori, alla maniera di Pasolini, ama gli ultimi, gli oppressi, gli affamati e assetati di giustizia, quelli che popolano le nostre strade e fanno la vera storia d’Italia:

«Suona da quindici anni dove lo pagano per suonare/ una vecchia fisarmonica gli puo’ bastare/ Ha gli occhi sempre troppo gentili di uno che beve parecchio/ e non si guarda mai alle spalle né o allo specchio/ e vive dentro a un seminterrato con un cane per compagno/ saranno quasi diecimila anni che non fa il bagno/ Non ha diritto a nessuna pensione perché non ha lavorato mai/ ha una faccia da mascalzone ma non vuole guai/ e fischia quando deve chiamare gli amici/ chiede scusa prima di andare via/ scappa sempre quando vede in giro la polizia […] E i turisti lo chiamano Ulisse/ ma il vero nome chissà qual è/ ma a lui gli va benissimo anche quello e se lo tiene per sé […] allora suona da quindici anni/ dove lo pagano per suonare/ e una vecchia fisarmonica gli puo’ bastare/ la sera quando smette di faticare/ si sente libero come una piuma/ chiude nel fodero la fisarmonica/ e ne accende una e poi pensa/ ‘Mannaggia alla musica dopodomani gli dico addio’ /ma poi si siede in faccia al golfo di Napoli/ e ringrazia Dio».

(da Mannaggia alla musica  dall’album Tra un manifesto e lo specchio).

(2. Fine)

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