Il battesimo di Gesù
Scritto da MARIA NISII.
“Molte persone scendevano al fiume in quel chiaro mattino. Mi trovai a camminare non lontano da uno contornato da un piccolo gruppo di seguaci – dieci o al massimo dodici – che procedeva raccolto, o semplicemente attento a non incespicare sui sassi e le asperità del largo sentiero. Rivolgendogli la parola, coloro che gli stavano vicino, lo chiamavano Rabbi, e lui rispondeva a voce molto bassa, se pur rispondeva. Era bello – lui il più bello tra i figli degli uomini – e alto di persona, ma esile”. (Giuseppe Berto, La gloria, Bur 2001, p. 22)
L’episodio del battesimo di Gesù è riportato in tutti e tre i vangeli sinottici, con una ripresa anche nel vangelo di Giovanni e questo dato depone a favore della sua storicità.Le differenze, non insolite tra le tre versioni, riguardano soprattutto la teofania: lo squarcio dei cieli, lo Spirito discendervi in forma di colomba e la voce che proclama Gesù “Figlio diletto” – il particolare dello Spirito in forma di colomba è l’unico elemento presente anche nella versione giovannea. Se quindi la teofania è riportata in modo pressoché invariato nei tre sinottici, quello che cambia è il destinatario della visione: in Matteo e Marco sembra trattarsi di un’esperienza riservata al solo protagonista, mentre in Luca è godibile da tutti i presenti. Infine, mentre in Matteo e Marco la visione appare dopo l’emersione di Gesù dalle acque, in Luca Gesù è colto in preghiera dopo aver ricevuto il battesimo. Il contesto in cui il brano è inserito e l’aggiunta di Matteo sul compimento della giustizia aprirebbero poi ad altre interpretazioni, che lasciamo a successivi approfondimenti.
Questa veloce lettura in parallelo dei vangeli, come in tanti altri casi in cui ci troviamo di fronte allo stesso racconto, dimostra che per poco o tanto, ogni vangelo “riscrive” la vicenda originaria a cui spesso non abbiamo altro accesso. Di queste piccole o grandi differenze forse ci accorgiamo a malapena nella lettura liturgica o personale, per quell’abitudine inestirpabile a comporre un solo racconto da quei quattro. Ma come può quell’uno-in-quattro costituire “il” racconto? Si tratta di una specie di corto-circuito che, mentre fa saltare ogni fondamentalismo, rende invece tanto più appassionante la ricerca. Specie la ricerca di chi quella storia continua a riraccontarla, anche senza pretese di storicità o di fedeltà agli eventi, ma piuttosto per un qualche desiderio di comprendere le pieghe dell’umano che in quell’evento è rivelato e insieme celato.
È il tentativo, tra gli altri, del vangelo secondo Giuda che Giuseppe Berto scrive nel 1978, in cui il punto di vista è quello del traditore per antonomasia che in questo romanzo assume un volto alquanto diverso dalla tradizione che ne ha fatto la summa di ogni abiezione. Giuda secondo Berto è un personaggio complesso e problematico, in affannoso e instabile cammino verso una luce che lo aiuti a comprendere il destino suo e quello del suo popolo: “Io, Giuda Iscariota, nato a Gerusalemme da padre mercante, cresciuto nell’ombra del Tempio, istruito nella Legge e nelle Scritture, osservante delle norme e dei precetti, legato agli zeloti per cospirazione e fuggito dalla città santa per scampare alla croce, percorrevo le terre d’Israele ansioso che l’Eterno Adonai si manifestasse mostrandomi un segno della sua potenza, o della sua vanità. Ero giovane, e impaziente” (p. 9-10).
Nell’attesa impaziente di quel tempo propizio, Giuda si chiede persino se sia lui l’Unto, il Messia promesso. Ma, andato al Giordano per verificare le “molte e contrastanti voci” che circolavano su Giovanni il Battezzatore,vede sopraggiungere un Rabbi con un piccolo seguito (cfr scena riportata in incipit).Il racconto del noto episodio del battesimo di Gesù ci viene quindi incontro dal suo sguardo di giovane inquieto, fervente di una passione ancora senza oggetto.
Così presentato, il punto di vista di Giuda racconta di un Giovanni a sua volta preso da agitazione alla vista del Rabbi, il cui parlare si fa esaltato e bisognoso “d’interpretazione – che significava agnello di Dio? perché non pastore, piuttosto? E poi: togliere il peccato?” (p. 23).La scena qui ha meno Gesù al centro e più le reazioni dei due, che si muovono tra l’inquietudine di Giuda e l’eccitazione di Giovanni. Il Rabbi invece, quasi inconsapevole di quanto la sua presenza stia suscitando, scende nel fiume per immergersi fino al bacino. Il Battezzatore compie quindi il consueto gesto del lavacro sul capo e sta per pronunciare la consueta invocazione, quando si interrompe per gridare “come un matto: ‘Ho visto lo spirito scendere dal cielo in forma di colomba: testimonio che costui è il figlio di Dio!” (p. 24).
Preso dallo sconcerto per ciò che ha sentito ma non visto, Giuda si avvicina per meglio vedere quel Rabbi e da quel momento la sua vita cambia per sempre: “vidi che il suo sguardo – che mai si posò su di me – aveva il potere di sottomettere. Mi trovai a pensare, essendo in grandissima emozione e confusione, che sarei morto per lui – ciò che poi accadde – se me l’avesse chiesto” (p. 25).
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- In copertina : Immagine del Battesimo al Giordano, tratto dal GESU’ DI NAZARET di Franco Zeffirelli, ( Michael York e Robert Powell )