Il potere.Gli oppressi. Riscrivere la Croce.

1 Ottobre 2022Lorenzo Cuffini

Scritto da  LORENZO CUFFINI.

 

 

Che il Potere, di varia natura e forma, riscriva la croce e il cristianesimo, usandoli entrambi spregiudicatamente come arma impropria, collante politico,  alibi ideologico e vessillo da combattimento, non puo’ stupirci, a meno che  non vogliamo pervicacemente chiudere gli occhi davanti agli ultimi duemila anni di storia. Più in generale, sono casi che rientrano nella vasta opera millenaria di riscrittura della idea di  Dio, piegato a forza a calzare su misura sulle varie guerre sante che tormentano l’umanità più o meno dall’inizio della storia.

Le crociate antiche, le guerre di religione ricorrenti, i fondamentalismi religiosi che vestono guerriglie e terrorismi, ne sono esempio lampante e costante storica. Certo, cambiano i linguaggi e i contesti di riferimento: resta tuttavia identica la sostanza. Accanto a queste forme più estreme e violente sino alla guerra, ne conosciamo molte altre : sono riletture strumentali della religione, e del cristianesimo in particolare, portate avanti in politica, nelle ideologie, persino nelle manifestazioni malavitose. Dio lo vuole, Dio è con noi, Dio Patria e famiglia, sono slogan che attraversano, magari con accezioni e termini diversi, le società umane, venendo generosamente alimentati da quanti perseguono lo scontro di civiltà, il muro contro muro valoriale, la necessità di indicare un nemico assoluto da mettere nel mirino e combattere fino all’ annientamento.

La Chiesa cattolica, dal Concilio in avanti, almeno a livello di Magistero, ha segnato passi importanti,  se non altro nella consapevolezza dei comportamenti secolari che hanno posto in essere interpretazioni completamente distorte del volto e del messaggio di Cristo, e nella chiarezza con cui si è deciso di imboccare una strada di riconciliazione, di dialogo e di confronto pacifico.

Signore del mondo, Padre di tutti gli uomini,

attraverso tuo Figlio

tu ci hai chiesto di amare il nemico,

di fare del bene a quelli che ci odiano

e di pregare per i nostri persecutori.

Molte volte, però, i cristiani hanno sconfessato il Vangelo

e, cedendo alla logica della forza,

hanno violato i diritti di etnie e di popoli,

disprezzando le loro culture e le loro tradizioni religiose:

mostrati paziente e misericordioso con noi e perdonaci!

Da queste parole – che Giovanni Paolo II pronuncio’, insieme a molte altre , nella grande richiesta giubilare di perdono per le colpe della Chiesa nel 2000 – sino alla “ Fratelli tutti” di papa Francesco, è evidente la volontà ispirata di abbandonare strade senza uscita fino ad allora  imboccate, battute, propagandate e imposte, spesso con il sangue e con le armi. Ma questo non significa che l’ardire  di rileggere, come accade ad ogni generazione, il nome e il volere di Dio pro domo propria resti uno dei grandi problemi irrisolti e minacciosi di questa nostra epoca dall’orizzonte tempestoso. Senza volersi addentrare in analisi che non ci competono, basta far riferimento agli ultimi interventi di Vladimir Putin nella sua sempre più decisamente dichiarata “guerra all’occidente” per trovarne una traccia fortissima, ultima delle riedizioni dell’alleanza sempreverde tra trono ( variamente declinato ) e altare. Tant’è che il filosofo russo Alexandr Dugin  cita direttamente la Bibbia per commentare il discorso putiniano sull’annessione delle quattro regioni ucraine alla Russia, momento  che a suo dire segnerebbe una svolta storica enorme: «Un manifesto della Tradizione – scrive su Telegram – Non riesco a immaginare la profondità delle conseguenze. È così che il Davide dell’Antico Testamento lanciò la fiondata contro il gigante Golia». Secondo Dugin, l’intervento del presidente russo che ha apertamente sfidato l’Occidente «è molto più importante dell’unità con i quattro nuovi soggetti: è una netta dichiarazione di guerra all’Occidente e al mondo moderno in generale».

Come sempre, anche oggi, fa da contraltare, davanti a queste reiterate e pelosissime reinterpetazioni del messaggio religioso da parte del potere in tutti i modi presente e praticato, la presenza di autentiche re-incarnazioni della Croce e del messaggio di Cristo, praticate, vissute, testimoniate nella carne e nel sangue, anche se nel nascondimento e nella indifferenza assolute. In questo caso, si tratta di testimonianze lasciate sul muro di un luogo di reclusione.

 

 

C’è anche un piccolo crocifisso in una delle celle dove i soldati russi tenevano gli abitanti della regione di Kharkiv prima di torturarli. Un crocifisso costruito da uno dei detenuti, catturati e rinchiusi nei seminterrati di un palazzo con l’unica colpa di essere ucraini. Grazie a qualche ramoscello di legno intrecciato, forse trovato per terra, l’anonima mano ha realizzato le due braccia della croce e l’ha attaccata alla parete verde della sua prigione con un po’ di carta e di nastro adesivo.”

 

 

Accanto al crocifisso gli internati hanno segnato i giorni che scorrevano. Tacche verticali, una vicino all’altra, per non perdere la cognizione del tempo in una stanza buia dove non entrava un filo di luce. Segni che fanno venire in mente le celle dei campi di concentramento. E poco sopra, sulla stessa parete ma nella parte bianca del muro, qualcuno ha disegnato due immagini sacre. Incise sull’intonaco, magari con una pietra. A destra compare un’icona di Cristo; a sinistra, una Madonna con il Bambino in braccio. Stilizzate. E secondo lo stile orientale. Proprio le autorità locali le hanno definite «preghiere» nel testo che accompagna il filmato. E spiegano che «gli invasori hanno tenuto dalle venti alle quaranta persone rinchiuse all’interno». Poi riferiscono che i prigionieri «sono stati picchiati», che «le loro unghie sono state estratte» e che «le loro dita rotte».

 

Così, nella desolazione solitaria e nel clima feroce che riverberano direttamente quelli del Calvario, queste immagini si inseriscono in quel filone palpitante e vivo che attraversa tutto l’ultimo secolo: sono segni che richiamano alla mente quello che accadde persino  nei   campi di concentramento. Per esempio, questo:

Preghiera scritta da un detenuto nel campo di concentramento di  Ravensbuck

 

 

Come giustamente ci ha ricordato Francesco: “Quanti cristiani, il secolo scorso, mandati nei gulag russi o nei campi di concentramento nazisti, hanno pregato per chi voleva ucciderli? «Tanti lo hanno fatto». E si tratta di esempi altissimi che toccano le coscienze di ognuno, perché arrivare ad «amare» i propri nemici, chi vuole distruggerti, è comunque «veramente difficile da capire»: soltanto «la parola di Gesù» può spiegarlo. E ancora…«Pensiamo a Auschwitz e ad altri campi di concentramento: loro dovevano pregare per questo dittatore che voleva la razza pura e ammazzava senza scrupolo, e pregare perché Dio li benedicesse, a tutti questi! E tanti lo hanno fatto»

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