In principio… il racconto

11 Febbraio 2023Lorenzo Cuffini

Scritto da  MARIA NISII.

 

Raccontare gli inizi è una questione di incipit.

Ogni storia si dà a partire da un luogo e un tempo in cui tutto ha avuto origine, ogni cosa è venuta alla luce, sottraendosi al non essere. La narrazione degli inizi e di ogni inizio è impastata di storia e fiction, scienza e racconto, rappresentazione e immaginazione. Pensare agli inizi, indagare il principio, implica un ritorno alla fonte, all’origine… è fare un viaggio a ritroso nel tempo. Un viaggio che è possibile solo preservando la distanza, assumendo lo sguardo di chi, ben posizionato nel suo presente storico, raccoglie e abbraccia quel tempo passato donandogli un senso.

L’inizio può essere ritenuto una necessità, ma nell’arte l’atto creativo contiene sempre un che di arbitrario. Tracciare un segno sulla pagina bianca è un gesto carico di implicazioni, apre al mondo dei possibili, in cui il lettore si immerge totalmente più o meno dimentico di quel che lo circonda. E quanto più l’incipit è buono, tanto meno si coglierà la presenza del narratore e di tutte le strategie letterarie poste in atto perché il racconto funzioni.

 

 

 

L’inizio è anche una promessa, crea un’attesa. Un attacco forte cattura immediatamente e tutti i grandi romanzi ne hanno uno, spesso memorabile. Perché non basta avere una storia da raccontare; bisogna anche saperla raccontare e saperla iniziare bene. E quando capita, il lettore è disposto a credere a qualunque cosa – anche che un uomo, alzatosi al mattino, possa scoprire di essersi trasformato in un insetto gigante. È il cosiddetto “patto con il lettore”, ovvero il sapere che la storia che si sta leggendo è immaginaria ma non per questo è una menzogna. Dunque bisogna anche che sia convincente, specie se si vogliono rompere alcune delle regole della vita reale.

In principio Dio creò il cielo e la terra… chi era presente per raccontarlo? Chi è questo narratore che sa quello che ha fatto Dio? Quale osservatore umano potrebbe divulgare ciò che ha preceduto la creazione dell’uomo? Questa voce si presenta come trascendente il sapere umano, oltre a godere del privilegio di entrare nell’interiorità divina – “Yhwh fu dispiaciuto di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo…” (Gen 6,6) – e in quella umana – “Abramo si prostrò col viso a terra e rise, dicendo in cuor suo: “Ad uno di cento anni nascerà un figlio?” (Gen 17,17). Siamo dunque di fronte al classico narratore onnisciente.

 

 

 

 

Sorgendo da un tempo successivo, l’incipit è già in sé una sintesi, un punto di approdo di quanto ha preceduto l’intuizione creativa. In principio Dio creò il cielo e la terra… Nel mezzo del cammin di nostra vita… Chiamatemi Ismaele… Per molto tempo mi sono coricato presto la sera… Come l’autore di Genesi 1, così Dante, Melville e Proust fissano nello scritto il risultato di una lunga riflessione sulla vita e sull’essere, pervenendo in un certo modo a un punto fermo. “È nel momento della fine (fine di un amore, fine di una vita, fine di un’epoca) che il tempo passato all’improvviso si rivela come un tutto e assume una forma luminosamente chiara e compiuta” (M. Kundera). È perché si conosce il seguito che si possono raccontare le origini.

 

[continua]

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