IO SONO IL BUON PASTORE : “grande è il piccolo”!
Scritto da NORMA ALESSIO .
L’immagine che associamo al tema cristiano del “Buon Pastore” è quella di Gesù che tiene la pecora sulle spalle con atteggiamento affettuoso e domestico, come appare nei numerosi santini divulgativi popolari che si erano diffusi in diversi ambiti cattolici dal XVII al XX secolo. Il “Buon Pastore” è evocato nei vangeli di Matteo e di Luca, attraverso la parabola del pastore che cerca la pecorella smarrita. In Matteo (Mt 18,12-14) la pecora viene smarrita tra i monti, in Luca (Lc 15,3-7) viene perduta nel deserto; solo in Luca si trova anche la figura del “buon pastore” che riconduce a casa la pecorella sulle spalle. In entrambe il pastore abbandona l’intero gregge per salvare la pecorella smarrita in pericolo e tutte e due incontrano nella catechesi paleocristiana un maggiore interesse rispetto al testo di Giovanni, ma nelle immagini questi dettagli saranno mescolati. È nel Vangelo di Giovanni (Gv10,14-15) che Gesù stesso si dichiara esplicitamente il “Buon Pastore”: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore». La parola “buono” non rievoca la dolcezza, ma la realizzazione perfetta della missione del pastore.
La produzione figurativa cristiana fin dall’origine ha utilizzato questo tipo di rappresentazione, ma all’inizio per questo soggetto venne utilizzata l’’immagine del pastore con le pecore conosciuta del mondo classico-pagano, come vediamo nell’affresco nelle catacombe di San Callisto a Roma, a cui tuttavia viene attribuito un significato diverso. Il pastore è simbolo di Cristo Risorto che strappa l’anima dell’uomo dalle tenebre (la pecora portata sulle spalle), riportandola in paradiso. Infatti proprio per questo nel IV secolo l’immagine appare soprattutto in ambito funerario, come negli affreschi delle catacombe, sui sarcofagi, nella decorazione delle lucerne in terracotta o nei vetri dorati (basi di coppe o bicchieri per uso liturgico), nei medaglioni e negli epitaffi. Vari secoli dopo l’avvento di Cristo, si forma un’iconografia cristiana dove i motivi simbolici si combinano con i motivi storici tratti dal racconto evangelico e progressivamente il significato allegorico si svuota fino a divenire un vero e proprio simbolo cristologico.
Nel mausoleo di Galla Placidia, a Ravenna, edificio monumentale destinato alla sepoltura di personaggi importanti, risalente alla prima metà del V, al di sopra della porta d’’ingresso, come entrata nel regno dei cieli dopo la morte, è rappresentato, con la tecnica del mosaico, il Buon Pastore. La scena è ambientata in un paesaggio di basse colline delineate sullo sfondo di alberelli e cespugli, il “pastore” ha gli attributi che contraddistinguono il Cristo: è imberbe, con aureola, vestito di una tunica dorata che si appoggia a un’alta croce, seduto e attorniato da sei pecorelle, tre per lato, che hanno lo sguardo posato su di lui e una gli si avvicina per essere accarezzata, rispecchiando quanto è affermato nel Vangelo di Giovanni 10, 3-4: «I l guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce».
Questo soggetto passa da un’ampia diffusione, nei primi secoli dell’arte cristiana, a esempi che diminuiscono dal medioevo in poi, fino a scomparire quasi totalmente nei secoli successivi.
Nel Seicento ritroviamo un Cristo Buon Pastore bambino, di Bartolomé Esteban Murillo, pittore spagnolo (1617-1682), esposto al Museo del Prado di Madrid, che stringe il bastone usato per guidare e difendere il gregge nella mano destra, mentre poggia in atteggiamento protettivo la sinistra sul dorso della pecora ritrovata, mentre sullo sfondo si vede il resto del gregge. È l’interpretazione del brano del Vangelo di Matteo (Mt 18, 1-14) in cui Gesù si identifica in un bambino: «chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me» ( dove l’argomento del pastore è diretto si verso i piccoli, ma nella fede).
Nell’arte sacra contemporanea del sacerdote e pittore tedesco Sieger Köder (1925-2015), è rappresentato il Buon Pastore del brano di Luca (Lc 15, 3-7) : «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». È raffigurato al centro della scena, con una pecora sulle spalle e attorniato da un gruppo di persone. Alcune suonano, altre portano delle rose rosse, altre partecipano alla gioia del pastore che li ha chiamati per fare festa perché ha ritrovato la pecora che si era perduta. Anche il cane del pastore partecipa dei sentimenti degli umani, affacciandosi dalla base del quadro. Alle spalle del pastore si vedono le impronte lasciate da lui e un grande sole che illumina tutta la scena. Il cespuglio spinoso che aveva imprigionato la pecora è lontano, sulla destra, trattiene qualche boccolo di lana. Dalla parte opposta le farfalle rosse e gialle che si librano, segno della ritrovata libertà. La faccia dell’uomo si appoggia al muso della pecora. Il loro sguardo è intenso, dolce e carico d’amore. Il muso della pecora si appoggia sul volto del pastore come per formare un’unica testa; così i due occhi, che appartengono uno al pastore e l’altro alla pecora, sottolineano l’intento di vedute che li unisce.
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- In copertina: Particolare dal mosaico del MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA, Ravenna.
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