La Fuga in Egitto

6 Gennaio 2018Lorenzo Cuffini

Scritto da NORMA ALESSIO.

 

 

Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo. Egli si alzò nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Mt 2,13-15).

La Fuga in Egitto, è nota scena evangelica del periodo di Natale, riportata solo nel Vangelo di Matteo, dove è narrata con un linguaggio essenziale e povero di particolari descrittivi, con l’ordine dell’angelo a Giuseppe di scappare in Egitto di notte, con Maria e il Bambino, fino alla morte di Erode.

Numerose sono le opere che fin dai primi secoli hanno illustrato questo tema. Generalmente nelle immagini è rappresentato Giuseppe vecchio, che tiene sulle spalle un fagotto e conduce l’asino su cui siede la Vergine col figlio. La famiglia si dirige verso l’Egitto, come nel racconto evangelico, perché già in tempi lontani, da Abramo a Giuseppe e a Mosè, è stato rifugio abituale degli Ebrei.

Partendo da questi elementi fissi, gli artisti hanno dato libero sfogo sia al loro senso del simbolico sia all’amore per il realismo.

Prendendo come esempio un autore contemporaneo si ha la possibilità di sapere attraverso le sue interviste o testi scritti, cosa ha voluto trasmettere nella sua opera.

 

Renato Guttuso - Fuga In Egitto
Renato Guttuso – Fuga in Egitto

 

Renato Guttuso, noto per non essere un pittore di chiese, né un iconografo del trascendente, ma conosciuto per le sue tematiche sempre legate alla realtà e al presente, dipinge La fuga in Egitto nella grande parete esterna di una delle tre cappelle del Sacro Monte di Varese, su commissione di Monsignor Pasquale Macchi, durante una massiccia campagna di restauri e di valorizzazione del Sacro Monte, coprendo quello che rimaneva del precedente affresco seicentesco con medesimo soggetto, del pittore lombardo Carlo Francesco Nuvolone. Guttuso si trova a dipingere all’aperto “in diretta” davanti alla gente che visita il Sacro Monte e immagina la scena incarnata nell’oggi e ambientata in un paesaggio arido e povero, dove regna la natura selvaggia e brulla, con la famiglia che avanza verso l’ignoto, rappresentata realmente ebrea e palestinese allo stesso tempo, come quella evangelica. Il volto di Giuseppe infatti, chiaramente ebreo, esprime la dolorosa fierezza del perseguitato. I colori sono forti, di una luce vivida e solare. La Vergine stringe al petto il figlio che dorme, e lo protegge, cavalca l’asino insieme a Giuseppe caricato delle povere masserizie domestiche e gli attrezzi del suo lavoro e una capretta che potrà dare latte e sostentamento nell’esilio. I temi dell’esodo, la migrazione obbligatoria, l’uomo la donna il bambino costretti ad abbandonare la casa, la città il lavoro, a causa di un eterno erode che li minaccia nella persona e nelle cose sono purtroppo ancora attuali. Sebbene la scena sia attualizzata e realistica, non manca di simboli come il ramarro che distrae la capretta, amico dell’uomo e che lo avverte quando “la serpe” si sta avvicinando, e la colomba segno di pace e dello Spirito Santo posta a guida verso la nuova meta della famiglia profuga.

“Il racconto evangelico – ricordava Guttuso – si ripete ai nostri giorni. Ho fatto un dipinto mio vedendo il tema della Fuga non secondo schemi manieristici ma nella contemporaneità. Ai nostri giorni, infatti, l’esodo dalla propria terra per scampare da una oppressione è spesso presente … Io sono fiero di aver fatto un dipinto efficace, comprensibile, attraente, di immediato contatto, senza stupidi intellettualismi, modernismi, complicate operazioni linguistiche” (Questo dipinto è stato concepito per il luogo dove si trova, “La prealpina” 1° agosto 1984)

E ancora racconterà: ” Si sono molto stupiti che un pittore comunista abbia dipinto una scena di carattere così religioso. Ma, anche se comunista, io ho un senso religioso della vita … Del resto, ritengo di essere un pittore “civile”; e l’aderire agli ideali civili contiene sempre un elemento religioso” (Non dirò mai che sono ateo, Intervista rilasciata a E. Ferri 1985-1986, Panorama n.1085, 1° febbraio 1987, 13/47).

Diceva Guttuso: “la pittura è il mio mestiere. Cioè, è il mio modo di avere il rapporto con il mondo. Vorrei riuscire a testimoniare del mio tempo che è come dire delle mie passioni, senza essere costretto a falsarne i significati. Vorrei parlare chiaro e sembrare ovvio, senza essere ovvio e anzi dicendo cose totalmente nuove. Vorrei essere appassionato e audace, senza essere esagerato e anzi rimanendo semplice. Vorrei arrivare alla totale libertà in arte: libertà che, così come nella vita, consiste nella verità.” (La pittura è il mio mestiere, Risposta all’Inchiesta di T. Sauvage 1957 “Galleria” n. 1-5/1971, 201).

 

*I testi sono stati tratti dal libro di Crispino VALENZANO “Guttuso…Credeva di non credere…, Libreria editrice vaticana, 2013

 

  • In copertina : Renato Guttuso fotografato mentre dipinge Fuga In Egitto

 

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