“La lotta controil drago, la bestia, il serpente,…il male”

23 Luglio 2022Lorenzo Cuffini

Scritto da  NORMA ALESSIO.

 

Quando ci troviamo davanti  immagini di draghi, bestie e serpenti, pensiamo alla fantasia fiabesca, ma se li vediamo in rappresentazioni di soggetti sacri ricerchiamo i riferimenti alle Scritture. Questi rimandano al libro dell’Apocalisse e alle varie citazioni presenti nell’Antico Testamento. Nell’Apocalisse infatti si parla di drago, di serpente e di Satana come della medesima “creatura”, identificata con il “drago rosso” e l’“antico serpente”, con una valenza altamente simbolica. Se nelle dottrine orientali il drago è considerato una divinità benefica, nella cultura occidentale, in particolare quella cristiana, è sinonimo di peccato ed è simbolo di Satana. Il drago appare nell’Apocalisse in vari momenti. Quando tenta di divorare il figlio alla donna vestita di sole (Ap. 12, 1-5): “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme dragorosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato”; nella sua lotta contro le schiere angeliche (Ap. 12, 7-9) “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”. E ancora lo troviamo nell’episodio della sua cattura (Ap. 20, 1-3) “Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell’Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico cioè il diavolo, satana e lo incatenò per mille anni.”

Il drago è descritto con precisione nel capitolo 12 e si trova diffusamente rappresentato come tentatore – combattuto e vinto, ma mai eliminato definitivamente – in contesti differenti in tutta la storia dell’arte cristiana. Il combattimento è stato variamente interpretato dagli artisti, che hanno dato più o meno rilievo ai diversi particolari del racconto, a San Michele, ed è stato spesso raffigurato come immagine singola, con l’esaltazione del gesto che compie verso il drago. Quest’ultimo nel tempo è diventato uno degli attributi costanti del santo, oltre ad altri tra i quali il più ricorrente è la bilancia per accompagnare e pesare le anime dei defunti davanti a Dio il giorno del Giudizio universale. In un riquadro appartenente alla tavola del XIII secolo del maestro di Sorigueola, conservata al Museo Nazionale d’arte della Catalogna, San Michele, non ancora in vesti militari, è rappresentato da solo mentre combatte il drago e sullo sfondo le stelle:

 

 

Rappresentazione analoga si trova, nel XIV secolo, in una formella quadrilobata nella Cappella degli Scrovegni di Padova, dove però il rivoluzionario Giotto, lo ritrae a mezzo busto con ali dispiegate tra gli emicicli destro e sinistro degli archi dei lobi, saldo come una roccia, a puntare  una lancia sul drago, ora con sembianze umane, ridotto a un vago contorno, quasi un’ombra indistinta della cornice nelle parti basse della scena.

 

 

 

Nel riquadro centrale del Trittico di San Michele arcangelo del 1492, ora al Museo nazionale di Capodimonte, attribuito a Francesco Pagano, San Michele indossa un’armatura ed è con i piedi direttamente sul corpo del drago dell’Apocalisse, dalle fattezze semiumane, senza alcuna evidente espressione di azione violenta, con la lancia nella mano destra, contrastato dal drago/demonio che, con un gesto irriverente e curioso, sta emettendo contro San Michele un peto sbuffante tra la lunga coda serpentina attorcigliata alla sua gamba.

 

 

 

 

Un’altra scena del medesimo capitolo è raffigurata in modo sintetico in un affresco del XII secolo su uno dei due archi della volta del nartece dell’abbazia di Saint-Savin-sur-Gartempe. Giovanni seduto a sinistra vede il drago rosso in attesa che  nasca il bambino per divorarlo; l’angelo lo prende e lo porta al sicuro, mentre la donna per sfuggire al drago ha ali d’aquila, il fiume alla destra, inghiottito dalla terra dopo che il drago per vendicarsi lo vomita per annegare la donna.

 

 

 

 

La rappresentazione di Guido Reni nella tela del 1635 circa, nella Chiesa di Santa Maria della Concezione a Roma, coglie invece la possente visione di Giovanni del capitolo 20, il momento della cattura da parte di San Michele che, irrompendo vittorioso, con moto vigoroso della spada sollevata e brandita verso Satana, lo incatena e lo calpesta.

 

 

 

 

Mi pare anche interessante prendere in considerazione in che modo il capitolo 12 sia stato interpretato dagli artisti in un’unica scena. Nel dipinto del 1623-25, ora alla Alte Pinakothek di Monaco, Peter Paul Rubens, pittore fiammingo di fede calvinista convertitosi al cattolicesimo, raffigura “La vergine come la Donna dell’Apocalisse” con grandiosità scenica: una Donna con la luna sotto i piedi che schiaccia la testa di un serpente, riferimento a un altro testo biblico (Genesi 3, 14-15), con il neonato in braccio in procinto di essere “rapito” dal drago e alle spalle un angelo che le pone le due ali d’aquila, mentre San Michele con i suoi angeli, sguainando la spada all’ordine di Dio Padre, nella parte superiore del dipinto, si lancia in volo accompagnato dalla schiera degli altri suoi armati verso il drago, che avvolge con le sue spire gli angeli ribelli, ormai dai volti animaleschi.

 

 

 

 

Concludo con la citazione ancora tratta dall’Apocalisse (12,14): “Ma alla donna furono date le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente”.

L’identità del “grande Drago”, del “serpente antico”, è un mistero incomprensibile, così come permane per noi umani, «l’incomprensibilità opaca della potenza del male», come ha scritto il teologo ed esegeta Ugo Vanni, uno dei più acuti studiosi dell’Apocalisse.

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  • In copertina: particolare dal Trittico di San Michele Arcangelo, Francesco Pagano (1492)

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