La passione secondo Pasolini
Scritto da DARIO COPPOLA.
La ricotta (1963) di Pasolini è un mediometraggio con due sole scene e sigla a colori. Protagonista è Stracci, sottoproletario: è figurante nel ruolo del buon ladrone in un film-nel-film sulla passione di Cristo (Mt 26,35-27,66; Mc 14,32-15,47; Lc 22,39-23,56; Gv 18,1-19,42). Già in Accattone (1961) e Mamma Roma (1962) era implicita la passione di Cristo. Interpreta Stracci M. Cipriani, attore di strada (Balilla in Accattone).
Vi sono poi la troupe del film-nel-film e un regista interpretato da O. Welles.
In realtà il vero Cristo, l’alter Christus, per Pasolini è Stracci: l’unica sua battuta è: «Quando sarai nel Regno dei cieli, ricordami al Padre tuo», di cui abbiamo già scritto. (1)
Stracci, nei luoghi già visti in Mamma Roma, dona il suo cestino del pranzo ai familiari seduti fra i campi: è questa un’icona dell’Eucaristia (Mt 26, 17-35; Mc 14,12-26; Lc 22,7-38; Gv 13-17; 1Cor 11, 23-27). Egli consegna il suo corpo; ha la febbre, come E. Garofolo nel finale di Mamma Roma, prefigurazione della di lui “passione”. Con scaltrezza, Stracci si procaccia e nasconde un altro cestino in una grotta: rovescio di Betlemme, del sepolcro, della caverna platonica…
La troupe, co-protagonista della trama, gira la prima scena a colori: un tableau vivant in cui gli attori sono posti come in Rosso Fiorentino, Deposizione della croce (1521), pittore del manierismo realista, su musica di Scarlatti, mentre un’attrice recita Donna de Paradiso di Jacopone da Todi (Mt 27, 57-61; Mc 15, 42-47; Lc 23, 50-56; Gv 19, 38-42). Stracci corre sul set interrotto dall’aiuto-regista. Il volpino dell’attrice interpretata da L. Betti, nel ruolo della Vergine Maria, mangia il pranzo del protagonista. Dopo l’intervista al regista (Welles), un giornalista si imbatte in Stracci che, ancora in lacrime, accarezza il cagnolino,che vuol vendergli per comprarsi la ricotta. Corre come nel cinema muto, tra pecore, poliziotti che colgono fiori, sostando a un’edicola religiosa e tornando alla grotta.
Stracci non consuma il pranzo perché richiamato sul set. Si prepara la scena in cui egli è inchiodato alla croce. Come i soldati col Cristo, la troupe annoiata si beffa di Stracci affamato, facendolo provocare da una comparsa (è Maria Maddalena).
La croce è un Leitmotiv nel film. Il corpo dell’alter Christus Stracci passa sempre per la croce: quando questi recupera, trafelato, il cestino del pranzo, la panoramica si sposta sulla croce adagiata a terra; le croci si trovano sempre nel suo percorso sino al finale. La corona di spine (Mt 27,27-31; Mc 15,16-20; Gv 19, 2-3), prelevata da una discarica del boom economico, è irrisa, ma due mani la innalzano al cielo restituendole sacralità. Il dialogo tra Stracci e l’attore che interpreta il Cristo avviene a terra sulla croce: simbolico sdoppiamento.
La diva fa anticipare la scena in cui ha il ruolo della Madonna: tableau vivant di Pontormo, Trasporto del Cristo al sepolcro (1526-28), dipinto del manierismo visionario, con musica – annunciata – di Gluck (vedremo…), sulla quale un’attrice invoca: «Maria!».
Una comparsa che interpreta l’angelo è Garofolo, protagonista con A. Magnani di Mamma Roma. Per mancanza di luce solare, mentre è invocato il dio Febo, la ripresa è interrotta e Stracci, “schiodato” dalla croce, corre nella grotta e mangia la ricotta: mentre si rimpinza, in una scena neorealista che sfocia nel manierismo visionario, tutta la troupe in costume appare e lo deride gettandogli il cibo di scena. In realtà, l’Ultima cena di Stracci è questa. Pane e vino qui sono la ricotta: si spiega il titolo del film (in origine, Le fave). Il cinema cinico infierisce sulla realtà, incarnata da Stracci. Arriva la borghesia (produttore e corteo snob) a vedere tra effetti di lampi e tuoni la scena della morte di Gesù. Stracci dovrebbe pronunciare la sua unica battuta, ma non può perché muore di indigestione, sulla croce (Mt 27, 33-56; Mc 15, 22-41; Lc 23, 33-49; Gv 19, 18-37).
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(1) Vedi precedente articolo pubblicato su questo blog il 4/11/2019.