La stagione nuova
Scritto da LORENZO CUFFINI.
Riscrittura per il tempo di Pasqua.
Nel finale di GESU DI NAZARETH, la sceneggiatura e Zeffirelli rielaborano e riscrivono la vicenda rispetto alla narrazione evangelica.
Il racconto procede fedele sino alla andata di Maddalena al sepolcro e alla sua scoperta della pietra rovesciata e della tomba vuota. L’apparizione del Risorto alla donna e il “ noli me tangere” non vengono rappresentati, ma fatti raccontare agli apostoli, dai quali Maria di Magdala si reca per portare l’annuncio inaudito. Come nel racconto dei vangeli, non viene creduta.
Da questo momento il film segue una linea narrativa sua propria. Gli apostoli dubitano: ma non Pietro, che fa immediatamente la sua proclamazione di fede, ancor prima di andare a verificare di persona con Giovanni (cosa che non viene mostrata). Contemporaneamente, manifesta agli amici increduli il suo essersi pentito per il rinnegamento del Maestro, protesta – e implicitamente rivendica – il suo avere da sempre riconosciuto in Gesù il Cristo. Infine afferma la sua convinzione, meglio il suo intimo convincimento, di essere stato perdonato. Insieme agli altri apostoli. A tutti quanti.
Dopo una breve parentesi dedicata al sopralluogo dei funzionari del Sinedrio al luogo del presunto furto del cadavere, la ripresa indugia sul sepolcro vuoto, e poi torna all’interno del luogo a porte chiuse in cui gli Undici erano nascosti dal momento della crocifissione. Qui, in un’unica scena, viene mostrato il Risorto tra i suoi, in una sorta di concentrato di frasi e insegnamenti tratti dalle varie apparizioni di Gesù raccontate dai Vangeli.
Manca il triplice interrogatorio a Pietro ( mi ami tu?) , la sua triplice professione (Signore, lo sai che ti amo) e il vaticinio sul destino che lo attende (stenderai le braccia e un altro ti condurrà dove tu non vuoi). In compenso, in bocca a Pietro, vengono messe le parole che i discepoli di Emmaus pronunciano dopo averlo riconosciuto con lo sguardo della fede : Signore, resta con noi! La notte è vicina, il giorno è già alla fine . A questo viene fatta seguire la risposta del Maestro: Non abbiate paura, Io sarò con voi ogni giorno, fino alla fine del tempo.
La richiesta di Pietro e la promessa del Risorto vengono rappresentate mentre Gesù lo abbraccia con tenerezza insieme a Giovanni, uno appoggiato su ogni spalla, nel gesto più affettuoso e fraterno dell’intero film. Proprio questa inquadratura finale, aldilà delle scelte di sceneggiatura, ci racconta qualcosa di molto sottile e profondo rispetto allo stato d’animo di Simone dopo la Risurrezione. In lui non c’è stato solo il passaggio dalla incredulità alla fede, la gioia del vedere il Maestro vivo, lo choc visivo e sensoriale che si imprime in mente e cuore e li trasforma per sempre, la spiegazione del non compreso in precedenza e l’insegnamento per il futuro. In lui non solo si concretizza la missione, si attua il consolidamento della fede, si compie l’atto sacramentale della confermazione mediante lo Spirito. Ma si adombra un tratto umanissimo, del tutto verosimile, che deve necessariamente esserci stato. Si tratta della voglia di non perdere il Maestro per la seconda volta, il voler restare per sempre insieme a lui, la nostalgia precoce e anticipata della sua presenza, che serpeggia da un momento dopo che se ne ha la certezza fisica e provata. E’ di nuovo il Pietro del monte Tabor, quello che esclamava “Signore, è bello per noi stare qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia.” Ma questa volta non è una mistica Trasfigurazione, è una Risurrezione in carne ed ossa.
A differenza di prima, gli Apostoli ora sanno.
E, soprattutto, gli Apostoli ora sono.
E’ delicato e bello che l’opera di Zeffirelli si chiuda su un gesto e con una immagine di grande e forte amicizia fraterna. Nel momento in cui Gesù , risorgendo, vince la morte e si appresta a ritornare anche fisicamente al Padre, la storia si chiude su accenti tutti umani: quelli in cui la Sua divinità ormai conclamata ha scelto di manifestarsi e di essere. D’altra parte è così anche nel Vangelo: il Risorto vuole rivelarsi prima di tutto corpo, vivo e vero: parla, tocca, mangia, beve. Dal canto loro, nel momento in cui prendono la strada per diventare colonne e fondamento della Sua Chiesa, Pietro – e Giovanni in altro modo – prima di tutto , si espongono e si dichiarano per quelli che amano Gesù: i suoi amici.
C’è un brano di Mogol – Battisti, bellissimo e non tra i più celebri, che, pur occupandosi di tutt’altro, evoca e puo’ esprimere bene il pensiero e il sentimento di Pietro dopo la Resurrezione, autentica Stagione Nuova. A ripensare il suo incontro con il Maestro, il modo in cui abbia cambiato e lanciato per sempre la sua vita, i momenti di abbandono confidente e le grandi paure, il desiderio finalmente chiaro sopra ogni cosa di seguirlo, a morire e poi a rivivere, per sempre… Una ennesima riscrittura inconsapevole? Ebbene: sì.
Siamo fin troppo abituati a fare di questi cosiddetti giganti della fede delle statue aureolate. Eppure se dimentichiamo le loro umanissime storie e il loro essere di carne e sangue – Gesù per primo – non entreremo ma nella logica e nella dinamica della storia della Salvezza.
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Testo di “Vento nel Vento” di Mogol.
Io e Te, io e Te
Perché io e Te?
Qualcuno ha scelto forse per noi
Mi son svegliato solo
Poi ho incontrato Te
L’esistenza un volo diventò per me
E la stagione nuova
Dietro il vetro che appannava, fiorì
Tra le Tue braccia calde anche l’ultima paura morì
Io e Te
Vento nel vento
Io eTe
Nodo nell’anima
Stesso desiderio di morire e poi rivivere
Io e Te
E la stagione nuova
Dietro il vetro che appannava, fiorì
Fra le Tue braccia calde
Anche l’ultima paura morì
Io eTe
Vento nel vento
Io eTe
Nodo nell’anima
Stesso desiderio di morire e poi rivivere
Io e te