Loda!
Scritto da MARIA NISII.
loda il ritmo di spazi ricurvi
percorsi dagli astri nel cosmo
loda i precipizi oscuri di mari
miraggio dei monti lunari
loda il sabato solare
della festa cosmica
Kurt Marti, pastore svizzero e poeta, pubblica un libretto dal titolo curioso “La passione della parola DIO” (Claudiana spiritualità, 2014), in cui raccoglie una serie di testi che il lettore è invitato a leggere seguendo la traccia indicata. La parola DIO (e non solo quella parola fatta carne che è Gesù) ha vissuto e vive una sua “passione”, a ragione dell’uso e abuso riservatole –anche a dispetto del secondo comandamento che richiedeva di “non nominare il nome di Dio invano”. Già Martin Buber, filosofo e teologo ebreo, aveva scritto in proposito: “Dio è la parola più vilipesa di tutte le parole umane. Nessuna è stata tanto disonorata, tanto mutilata […] Le generazioni umane hanno riversato su questa parola il peso della loro vita tormentata fino a schiacciarla contro il suolo. Giace nella polvere e ne sostiene il peso. Le generazioni umane, con i loro patriottismi religiosi, hanno lacerato questa parola. Hanno ucciso e si sono fatte uccidere per essa. Questa parola porta le loro impronte digitali e il loro sangue. Gli uomini disegnano un fantoccio e ci scrivono sotto la parola ‘Dio’. Si assassinano gli uni gli altri e dicono ‘lo facciamo in nome di Dio’. Dobbiamo rispettare quelli che proibiscono questa parola, perché si ribellano contro l’ingiustizia e gli eccessi che con tanta facilità si commettono con una presunta autorizzazione da parte di Dio”.
Se Buber si richiama al dettato giudaico che mantiene un profondo riserbo sul nome di Dio, Kurt Marti invece, pur denunciandone la “passione”,non rinuncia a nominarlo e lo fa da poeta, esplorando le possibilità del linguaggio in quanto spesso, anche su Dio, occorre trovare parole nuove che sappiano ridestare l’attenzione. Il tema scelto per i suoi testi è il legame tra la parola Dio e l’esperienza umana – rivelazione e incarnazione. È così che allora leggiamo questi versi di lode, con i quali ci suggerisce di guardare al cosmo – astri, mari, sole – con riconoscenza, pregando.
loda la serietà mortale
che torna a casa nel gioco divino
Con il “gioco divino”, il pastore poeta richiama l’immagine del Deus ludens, del Dio creatore che gioca nella misura in cui la creazione è riconosciuta come atto non necessario – da qui discende pure il Gesù Bambino raffigurato, nell’arte medioevale, a reggere il globo tra le mani come si trattasse di un balocco.
Pinturicchio, Gesù Bambino delle mani
loda mohammed e marx
a colloquio un giorno a mensa gioiosa
loda buddha e einstein
il violino sull’albero la risata serale
Sono naturalmente parte dell’esperienza umana anche i non credenti e i diversamente credenti– qui rappresentati dalle figure di uomini notevoli, radunati in un dialogo felice nella condivisione della mensa. Ma citati questi, si torna alle persone qualunque, quelle che noi siamo.
loda delle vegliarde il cordiale coraggio
le audaci rivolte di speranza divina
loda le eresie dell’amore
e la loro risurrezione dalla morte
Quasi prese casualmente nel mazzo delle possibilità, in questi versi si loda e dunque si prega per la vecchiaia – il cui coraggio è segno di speranza divina – e per l’amore – persino quello eccessivo e sbagliato, capace di infondere vita laddove non c’era che morte.
loda il dio nel ventre della fanciulla
il santo embrione del nostro futuro
loda il giorno in cui caldo e come estate
natale eromperà sulla terra
loda la notte in cui il fratello di nazareth danza
nel mezzo di una società finalmente senza signori
In mezzo all’ordinario dell’umano vivere irrompe lo straordinario di Dio che si fa embrione nel ventre di una fanciulla, in un giorno caldo – forse perché l’estate è epoca di raccolto. Ma non si tratta del Natale del primo Avvento, che non mancava di “signori”. Una società senza potere mondano sta invece in un orizzonte da fine dei tempi, quelli del secondo Avvento. E in quella notte “il fratello di nazareth danza”…
Danza come la sapienza divina, fanciulla che si diletta danzando e giocando dinanzi a Dio creatore, deliziandolo ogni giorno con la sua presenza (Pr 8,30-31).
Danza come il grande re Davide, che non disdegna di saltare davanti all’arca dell’alleanza (2Sam 6,21).
Danza come la Trinità, che si muove in una danza nuziale –detta pericoresi in linguaggio teologico – che dice il “girare attorno”, in cui l’Uno si muove verso l’Altro (come nell’icona di Rublev), in un’armonia d’amore che si apre all’uomo.
In mancanza di parole che sappiano dire Dio, ma non potendo tacerlo, Marti ci consegna immagini da visualizzare e per le quali riconoscere il segno di un Dio che si è fatto embrione e che ha attraversato tante di queste nostre storie. Alcune le ha toccate, da altre si è lasciato a sua volta toccare – altrettante ragioni per alzare la nostra lode gioiosa. E danzare.