Maria…chi?
Scritto da MARIKA BONONI.
“Non esistono narrazioni prive di conseguenze” (p. 121) scrive Michela Murgia in Ave Mary, E la Chiesa inventò la donna edito da Einaudi nel 2011, riferendosi alle parole che la tradizione cristiana ha da sempre usato per descrivere la figura di Maria.
Le parole che scegliamo raccontano il nostro modo di vedere il mondo, interpretarlo, realizzarlo nella nostra quotidianità e il linguaggio, così etereo e distante da ciò che è immanente, eppure così decisivo nella formazione delle immagini mentali che poi si tramutano in pensieri e azioni nella società, è fondamentale.
È importante dunque scegliere accuratamente gli aggettivi che descrivono i personaggi di un libro essenziale per la costruzione morale, politica e sociale di una civiltà? Certamente sì e quando il testo in questione è la Bibbia le conseguenze di tali scelte nel passato si trovano in tutti i libri di storia.
Oggi, alla luce della violenza che quotidianamente si scatena contro le donne, si impone l’obbligo di riflettere sulle parole adottate nel cattolicesimo per descrivere Maria, in quanto esse, scrive Michela Murgia, hanno avuto un ruolo notevole nella costruzione dell’immagine della donna come soggetto passivo in tutti gli ambiti dell’esistenza umana. Maria la silenziosa, accogliente, remissiva custode del focolare, umile, serva obbediente, equilibrata in tutte le scelte e i momenti, spesso difficili, della sua vita. Si fatica così a immaginarla intenta a riprendere duramente il figlio che si rifiuta di intervenire alle nozze di Cana, così come l’ha narrata l’arguto (e simpaticamente irriverente) vignettista Don Giovanni Berti, con un minacciosissimo battipanni in mano. ( http://www.vigiova.it/gioba/backstage-di-un-miracolo )
E si fatica anche a immaginarla “sovversiva”, così come l’ha definita Michela Murgia in Ave Mary nel paragrafo che porta proprio questo titolo (p.115). L’autrice ci propone una narrazione diversa, quella di una donna, Maria, che ha testualmente “fatto saltare il tavolo, ha stabilito le condizioni del riscatto, ha voltato la carta della storia di Israele” perché con il suo sì ha riportato l’equilibrio dei poteri fra uomini e donne in una società fortemente patriarcale come quella giudaica al tempo di Gesù. Partendo dall’Annunciazione infatti, la Murgia rileva fin da subito la prima novità: il messaggero del Signore, contravvenendo alle regole millenarie che esigevano, per ogni questione riguardante il corpo delle donne, di rivolgersi all’uomo più vicino a lei (l’Angelo aveva annunciato a Abramo l’imminente nascita di Isacco, a Zaccaria l’arrivo di Giovanni…) interpella direttamente lei e, cosa ancor più sorprendente, Maria risponde autonomamente, senza anteporre al suo sì, come ci si aspetterebbe, il permesso di suo padre o di Giuseppe. Un assenso peraltro avvenuto non immediatamente, in ossequioso rispetto della gerarchia allora vigente non solo fra creature umane e creature angeliche, ma anche e soprattutto fra uomini e donne, bensì seguito a una esplicita richiesta di spiegazioni: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” (Lc 1,34). Michela Murgia ci descrive una giovane donna certamente stupita e intimorita nell’istante della sorprendente apparizione, ma per nulla passiva di fronte al dispiegarsi degli eventi, assolutamente consapevole di quel che avrebbe comportato la sua obbedienza sia in termini di immagine sociale (lo stigma nel migliore dei casi, la lapidazione nel peggiore) che famigliare (come avrebbe reagito alla gravidanza inattesa il suo promesso sposo? E suo padre?). Una donna tenace e coraggiosa, determinata, intraprendente e, soprattutto, indipendente. Eppure così lontana, pare, dal muto strumento della volontà Altrui, espressione della mitezza e remissività, esclusivamente timorosa e così estremamente pudica (si pensi ad esempio alla celebre tavola di Simone Martini esposta alla Galleria degli Uffizi a Firenze) trasmessa per secoli dalla tradizione cattolica e modello ideale per centinaia di migliaia di donne (e di uomini) che basavano il proprio giudizio di sé ( o delle mogli, fidanzate, sorelle e madri) su questa specifica narrazione.
Beninteso, la Murgia (che ha una formazione teologica di base e che di norma si occupa di narrativa e non di teologia) in questo libro si avvale del contributo di studi accurati condotti anche da teologhe (quali Adriana Valerio e Marinella Perroni) che da decenni ormai indagano su un nuovo modello mariano, maggiormente fedele alla Scrittura e all’essenza autentica delle donne. Non si tratta quindi di presentare un’esegesi poco ortodossa e completamente nuova, la Madonna della scrittrice sarda non è originale, non è neppure innovativa, però è sconosciuta. E cosa succede quando, tradendo peraltro la Scrittura stessa, si propone un ideale modellato su un preciso sistema gerarchico famigliare e sociale, in un’epoca in cui tale sistema (finalmente) comincia a essere messo in discussione?
“L’unico destino che spetta a un modello troppo lontano per essere imitato è essere rigettato, e se necessario anche dissacrato” (p.82) scrive la Murgia e la copertina di dicembre del mensile berlinese Siegessäule con la foto dell’attivista lgbt+ Riccardo Simonetti nei panni di Maria non può far altro che dimostrarlo.
https://www.open.online/2021/12/08/riccardo-simonetti-madonna-trans-europa/