Mascagni riscrive la Risurrezione

15 Giugno 2019Lorenzo Cuffini

Scritto da  LORENZO CUFFINI.

“INNEGGIAMO, IL SIGNOR NON E’ MORTO”

Il bello delle riscritture di Scrittura, tra l’altro,  è che te le puoi trovare di fronte all’improvviso, al di fuori dei contesti nei quali sei abituato a frequentare l’Originale, in spazi nei quali non ti aspetteresti di incontrarle. Ad esempio, ti puo’ capitare di andare all’opera, per  Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni ( in scena in questi giorni al Teatro Regio di Torino) e nel bel mezzo di quella   storia di passione, carnalità, gelosie, tradimenti e vendette sanguinose,  di  trovarti inaspettatamente  proiettato…  in una trascrizione lirica del mistero della Risurrezione.

Ora, non è raro che  uno squarcio religioso cristiano  si spalanchi in  un ‘opera , e ve ne sono molti celebri esempi : dal TE DEUM di Tosca, con il perfido Scarpia che mescola i suoi piani criminosi alle parole solenni dell’inno, alla preghiera struggente della  Vergine degli Angeli ne La forza del destino. Nel caso di Cavalleria Rusticana, è la narrazione stessa che consente la digressione religiosa: la vicenda raccontata si svolge infatti nel giorno di Pasqua, in un  paese siciliano . La festa più importante della cristianità fa quindi da cornice alla trama : che è un drammone di amore & morte,  a un livello assai poco spirituale. Si sarebbe tentati di dire , in  buona sostanza, che il mistero della Pasqua qui c’entri come i proverbiali cavoli alla proverbialissima merenda. In realtà, chi si interessa e si appassiona di riscritture, trova qui una piccola e insperata miniera. Sarà certamente per interesse niente affatto teologico, ma piuttosto per calcolo drammaturgico, resa scenografica, escamotage musicale, che Mascagni, rifacendosi a  Verga, concepisce questa pagina ; resta il fatto che riesce nell’intento di dare una rappresentazione incarnata e viva dell’irrompere del Mistero della Risurrezione nella vita di tutti i giorni ( e pure, amaramente, della sua tragica ininfluenza nello scorrere di quella stessa vita).

In questa storia assai terra terra di relazioni incrociate e clandestine, di convenzioni sociali ferree, di brutale violenza che prevarica su tutto, è  come se l’annuncio della Pasqua esplodesse all’improvviso, uscendo dai confini della chiesa per dilagare lentamente in piazza, e poi farci ritorno, refluendo, mentre l’orizzonte torna a chiudersi  plumbeo sul piccolo mondo di egoismi, grettezza e morte. Non per nulla, la scena prevede un coro interno (il Regina Coeli  intonato dal di dentro della chiesa) e un coro esterno che si  sviluppa andando per le strade del paese, con il ritmo, la cadenza e l’andamento di una processione. E qui emerge la seconda caratteristica degna di nota di questa riscrittura in note e in scena: vediamo il libretto.

 

 

“(in chiesa odesi intonare l’alleluja)

ALFIO.

25           Io me ne vado, ite voi altri in chiesa.

(esce)

CORO INTERNO

(dalla Chiesa).

Regina coeli, laetare – Alleluja!

Quia, quem meruisti portare – Alleluja!

Resurrexit sicut dixit – Alleluja!

[p. 13]

CORO ESTERNO

(sulla piazza).

Inneggiamo, il Signor non è morto,

30           Ei fulgente ha dischiuso l’avel,

inneggiamo al Signore risorto

oggi asceso alla gloria del Ciel!

CORO INTERNO

(dalla chiesa).

Ora pro nobis Deum – Alleluja!

Gaude et laetare, Virgo Maria – Alleluja!

35           Quia surrexit Dominus vere – Alleluja!

CORO ESTERNO

(dalla piazza).

Dall’altare ora fu benedetto

quest’olivo che amava il Signor;

porti e accresca nell’umile tetto

la domestica pace e l’amor!”

 

 

In poche parole, tutto sommato essenziali, la notizia  della Risurrezione, passa, arriva, correttamente espressa. Tuttavia  viene portata in scena, sì, ma   mediata , attraverso la tradizione e le forme della devozione popolare. Le quali, entrambe, son lì a riscrivere  “il fatto” ( Il Signor non è morto) rappresentandolo con i modi, il gusto e il linguaggio che sono espressione di una terra, di una cultura e di un popolo preciso. La musica, a sua volta, ri-racconta, e si incarica di evocare echi di canti in processione, mentre  le regìe  (ulteriore passaggio di rilettura)  si lanciano  in quadri  scenici intrisi di pietà religiosa locale . Abbiamo qui, dunque, un significativo  esempio di riscrittura a strati sovrapposti : alla base la notizia – Gesù è risorto -, poi  la riscrittura fattane dai vangeli,  quella  dell’inno liturgico pasquale, quella  della rappresentazione sacra, quella della sua messa in musica, quella della sua messa in scena.

Se vogliamo averne una idea completa e paradigmatica di quello di cui stiamo parlando, diamo una occhiata a questo brano – firmato Franco Zeffirelli  –  tratto dal  film/opera Cavalleria Rusticana del 1982.

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  • Cavalleria rusticana è un’opera in un unico atto di Pietro Mascagni, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga,  in scena per la prima volta il 17 maggio 1890.
  • Il film omonimo di Franco Zeffirelli, è del 1982, distribuito dalla  Deutsche Grammophon.

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