“NON LO CONOSCO!”

6 Luglio 2019Lorenzo Cuffini

Scritto da NORMA ALESSIO.

Pietro è uno dei primi Apostoli che segue Gesù e insieme a Paolo, con cui è spesso ritratto , è una delle figure su cui si fonda la fede della Chiesa. I Vangeli e gli Atti degli apostoli contengono gli unici riferimenti diretti alla sua vita : in essi compare in diverse occasioni che ci consentono di seguirne passo passo il percorso spirituale. Gesù vuole attribuire a Pietro uno speciale rilievo all’interno del gruppo degli apostoli e : «Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Kefa» (Gv 1, 35-42), parola ebraica poi tradotta in greco Petros e infine in latino Petrus, che non era solo un nome, ma un “mandato“, che Pietro riceveva in quel modo.

Ecco che Pietro compare in molte rappresentazioni di passi biblici: è ritratto nella difficoltà di camminare sulle acque del lago di Genesaret dopo aver lasciato la barca alla chiamata di Cristo, nella pesca miracolosa, nella profezia del suo tradimento, nella Trasfigurazione sul Monte Tabor, nell’ingresso a Gerusalemme, nella lavanda dei piedi, durante la cattura e la condanna a morte di Gesù, nella morte di Anania e Saffira, nella resurrezione di Tabitha, nell’episodio del tributo, nella sua liberazione dal carcere e, infine, compare sempre nelle varie versioni della preghiera nell’orto.

L’immagine più diffusa di Pietro è legata alla “consegna delle chiavi, simbolo fondamentale per la sua connotazione  rispetto agli altri Apostoli, che riprende letteralmente il versetto 19 del capitolo 16 di Matteo: “Io ti darò le chiavi del regno dei cieli”; su questa, però, gli artisti non si sono sbizzarriti nelle intrepretazioni e nelle varianti. Tra tutti gli episodi che lo riguardano, quello da cui emerge il suo  punto debole per eccellenza  è il  comportamento dopo l’arresto di Gesù e le sue  ripetute affermazioni di non essere seguace di Cristo, scandite dal canto del gallo come gli era stato predetto : la cosiddetta negazione o rinnegamento. Questo tema fu rappresentato spesso, soprattutto nel XVII secolo, privilegiando l’indagine sui sentimenti e le emozioni. In questo episodio – infatti –  non ci sono scene di azione che si possano capire immediatamente, vi è solo un dialogo tra persone, per cui gli artisti si sono concentrati sull’atteggiamento e sulle risposte di Pietro, cercando attraverso  gesti “teatrali” delle mani,  e giochi efficaci di sguardi, di spiegare l’avvenimento, caratterizzando anche il volto di Pietro tra i presenti, perché sia ben riconoscibile. Le principali declinazioni del soggetto ebbero grandissima fortuna tra i pittori caravaggeschi;  questo tema bene poteva essere interpretato proprio dall’arte del secolo in cui vigeva il clima della Controriforma  a cui gli artisti si adeguarono prontamente: non più immagini che potevano inneggiare alla gioia e alla felicità, ma immagini che suscitavano necessità di pentimento e di sacrificio. Così, in questa atmosfera buia, anche i colori si scuriscono e gli artisti, sulla scia di Caravaggio, affondano le loro immagini in una cornice di oscurità avvolgente, in cui le luci e la penombra danno rilievo alla drammaticità delle scene.

Nell’opera di Caravaggio del 1610 si vedono solo tre mezze figure – essenziali per individuare l’episodio tratto dal Vangelo in modo sintetico – che sono: la serva, San Pietro e il soldato.Qui non importa creare il contesto in cui l’azione  si svolge, sono importanti i gesti che i personaggi compiono.

 

In altri casi viene proposta un’interpretazione più libera rispetto a quanto  scritto nei testi dei vangeli sinottici, come nel dipinto dal pittore fiammingo Gerard Seghers (1620 ca., Museum of Art Foundation di Raleigh, North Carolina), dove oltre ai due personaggi principali ve ne  sono altri che giocano a carte; riconoscibile è la serva, con in testa una specie di turbante, e Pietro, con la fisionomia tipica di vecchio stempiato con corta barba bianca e le rughe del volto che emergono con evidenza per la luce decisa, e con un’espressione innaturale e forzata che fa intuire la sua bugia. Le parole impulsive e menzognere sono enfatizzate dal gesto della sua mano sinistra.

 

 

 

Interessanti sono le due versioni della scena dipinte dal pittore olandese Van Honthorst Gerrit (1590-1656): in una c’è un soldato in armatura che distribuisce le carte mentre un altro, di fronte, si volta verso il Santo, e dietro di lui un uomo anziano avvolto da un mantello osserva il gioco, tiene un bastone da viaggio nella sinistra e indossa gli occhiali. La scena è arricchita dall’azione di un soldato visto di schiena, che afferra il mantello di Pietro accusandolo di essere seguace di Gesù.

 

Nell’altra versione la stessa azione è della serva, in posizione centrale, che afferra il mantello di Pietro.

 

 

Nell’interpretazione di Rembrandt  (1660,Rijksmuseum di Amsterdam ) sullo sfondo si intravedono delle persone che spuntano dal buio solo con pochi tratti del volto: una di esse è Gesù, che prima di comparire davanti al sinedrio, come scrive Luca (22,61-62), voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, andato fuori, pianse amaramente.

 

 

Il momento che Georges de La Tour, francese, dipinge ne ”Il rimorso di San Pietro”o “Le lacrime di San Pietro” (1645 – Cleveland, Museum of Art) è proprio quando Pietro piange, dopo avere rinnegato Gesù per tre volte di seguito, ricordandosi, udendo cantare il gallo, di quello che Gesù gli aveva detto. Dietro il gallo s’intravvede un tralcio di vite, emblema di Cristo e della Chiesa. Vi è una luce che proviene dalla lanterna e una che proviene dall’alto, di origine divina, che “illumina” Pietro, il discepolo più fedele, quello che Gesù aveva scelto per affidargli “le chiavi” e gli fa riconoscere il tradimento appena commesso.Pietro è ritratto con le mani serrate l’una sull’altra, colto nell’attimo del rimorso, ha il tremore e la supplica prima del riconoscimento della colpa.

 

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In copertina : Pietro rinnega Gesù,  dal “Gesù di Nazaret” di Franco Zeffirelli.

 

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