Paolo, CC e CCN
Scritto da GIAN LUCA CARREGA.
Chi si accinge a scrivere una mail (sì, ci sono ancora pleistocenici come il sottoscritto che si ostinano a usare questo mezzo obsoleto ritenendo Whatsapp troppo invasivo) deve scegliere con cura a chi vuole indirizzare il suo messaggio. Di base ci sono tre opzioni che vengono offerte dal nostro provider: il semplice destinatario, altri soggetti indicati visibilmente in copia, altri soggetti “nascosti” che non compaiono nell’indirizzo della mail. Questa procedura, oltre che un po’ complessa, lascia sempre un po’ perplessi sulla riservatezza dei messaggi: chi sta leggendo queste informazioni a nostra insaputa? Basta questo sospetto a renderci guardinghi rispetto a questo mezzo di comunicazione e anche se sappiamo che nella risposta possiamo scegliere chi coinvolgere nel discorso, è difficile sottrarsi all’impressione che i fatti nostri siano divulgati ai quattro venti.
Quello che forse non consideriamo è che il nostro concetto di privacy è piuttosto recente e certamente diverso rispetto al mondo biblico. Quando si scrive una lettera nel primo secolo d.C. la riservatezza è un optional e dalla fase della stesura fino a quella della lettura gli spazi privati sono assai limitati. Infatti al momento della composizione non viene coinvolto soltanto colui che partorisce il messaggio della lettera e colui che la scrive materialmente sotto dettatura: in questo frangente sono spesso coinvolte altre persone che ascoltano la dettatura e possono presumibilmente intervenire per modificarne il tenore. Forse è questa la funzione dei cosiddetti “co-mittenti”, cioè i nomi che spesso compaiono accanto a quello di Paolo nell’intestazione di molte sue lettere. Ma anche quando una comunità o una persona ricevono una missiva non dobbiamo pensare che fosse destinata ad una lettura personale e privata nel silenzio di uno studio o comunque in disparte. Inconsapevolmente, anche l’apostolo utilizzava quegli strumenti che oggi chiamiamo “copia conoscenza” (CC) e “copia conoscenza nascosta” (CCN).
Un caso lampante di CC è la breve lettera a Filemone. L’epistola è chiaramente rivolta a questo importante personaggio di Colossi, padrone dello schiavo Onesimo la cui vicenda è oggetto della missiva. Paolo intercede per questo schiavo fuggitivo che rischia la vita se torna a casa, perciò domanda in maniera volutamente implicita un gesto di clemenza all’amico Filemone. La forma di questa lettera è totalmente incomprensibile se non si tiene conto del fatto che essa verrà letta pubblicamente nella casa di Filemone dove si raduna la chiesa locale e dove un pubblico attento ascolterà l’elogio sperticato che Paolo dedica all’amico filantropo. Sarà proprio questo uditorio ammirato a fare da scudo ad Onesimo, perché certo Filemone non vorrà smentire il panegirico dell’apostolo con una efferata vendetta sul fuggitivo! In questo frangente, quindi, i co-destinatari giocano un ruolo fondamentale nella strategia retorica della lettera.
Un po’ più complicato, invece, è dimostrare l’esistenza dei fruitori della “copia conoscenza nascosta” (CCN). Qui si parte dal presupposto che Paolo tenesse una copia personale di ogni lettera che inviava alle sue comunità (ed è ragionevole pensare che la prima raccolta di sue lettere fosse proprio il suo archivio personale). Questo archivio personale era utile per avere a portata di mano questioni che non si risolvevano nell’immediato, per cui era ovvio che Paolo volesse avere sottomano quantomeno la “brutta copia” di ciò che aveva inviato ai suoi destinatari. Ma c’è di più. In Col 4,16 Paolo (o chi per lui, l’autorità della lettera è disputata) invita allo scambio di lettere tra le chiese. Si può ipotizzare che lo stesso Paolo facesse qualcosa di simile e che i suoi collaboratori potessero avere copie di questi testi sia per il personale progresso spirituale sia per svolgere la loro funzione di ambasciatori e mediatori che richiedeva esatta comprensione dei problemi testimoniati dalle lettere. Dunque gli scambi epistolari difettavano di quella riservatezza che oggi riteniamo imprescindibile, ma questa fu anche la nostra fortuna perché proprio grazie a questa prassi si sono conservati fino a noi questi testi che altrimenti sarebbero finiti cestinati dopo il loro uso: burnafterreading…