Parole e gesti di Cristo nel Matteo pasoliniano
Scritto da DARIO COPPOLA.
Concluso il discorso apostolico, Pasolini non passa ancora a quello parabolico, ma inserisce prima il risanamento di uno storpio, modificando l’episodio della guarigione della mano inaridita (Mt 12, 9-14). L’espressione «Tendi la tua mano» è sostituita con «Getta le tue stampelle», che richiama Mt11, 5; la scena è accompagnata da uno spiritual e, dopo la guarigione, dalla musica mozartiana. La trama ritorna a Mt 12, che cita un canto del Servo di YHWH (Is 42), e si conclude con la dichiarazione dei farisei di voler far morire Gesù.
Pasolini, contrappuntando le immagini con Bach, cita la moltiplicazione, in riva al mare, di pani e pesci (Mt 14, 15-21).
Gesù annuncia poi di andare sull’altra riva, in disparte, a pregare (Mt 15, 22) e gli apostoli lo vedono camminare sulle acque; Pietro dubita ed è sorretto da Gesù (Mt 14, 22-31). La scena successiva ritorna all’inizio di Mt 11 per citare quasi tutto il capitolo (eccetto Sodoma), in cui Giovanni Battista, prigioniero, si domanda: «È lui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?»: Pasolini opera un suggestivo collegamento con la precedente scena nella quale Gesù, camminando sulle acque, appariva come un fantasma.
La statica inquadratura di Giovanni Battista è incorniciata in un cortile aperto del palazzo di Erode Antipa (Forte di Macheronte), dove echeggiano un flauto e un tamburello; i discepoli, mandati da Giovanni Battista, si recano da Gesù a chiedere se devono aspettare uin altro o se è lui «colui che deve venire» (Mt 11, 1-23).
La parte finale del capitolo era già stata citata, perciò il regista si aggancia a Mt 12, 23 e, omettendo il riferimento alla guarigione di un indemoniato, di un cieco e di un muto, riporta la domanda: «Che non sia questi il figlio di Davide?», con la risposta dei farisei: «Costui non scaccia i demoni se non per mezzo di Beelzebul». In quest’ultima scena si può notare l’oxymeron (ossimoro: qui inteso in senso ampio, come principale tecnica narrativa pasoliniana) nell’accostare una musica dall’andamento calmo a un rimprovero di Gesù.
Così Pasolini passa a Mt 12, 30: «Chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con me disperde». Le soggettive asimmetriche, tipiche pasoliniane, riproducono primi piani di Gesù ed elementi architettonici. Viene citato da Gesù il peccato che non sarà perdonato: la bestemmia contro lo Spirito Santo. Quindi Pasolini salta al v. 38, in cui Matteo cita Giona, la regina del Mezzogiorno e Salomone. Il regista, interrompendo la citazione letterale dei passaggi matteani, anticipa Mt 12,47: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». La musica di Bach ne commenta la risposta e – per la prima volta – appare sulla scena Susanna Pasolini, madre del regista, nel ruolo di Maria.
Questo significa che l’alter Christus è presente anche in questo film: è Pier Paolo Pasolini stesso che con la cinepresa riprende sempre il Cristo che cammina, seguendolo come un discepolo. Ecco la scena in cui Cristo entra a Nazaret (Mt13, 53). Pasolini riporta il detto Nemo propheta in patria; sorvola per ora sul discorso parabolico e su quello ecclesiastico e approda a Mt 19 per rappresentare il giovane notabile ricco (scena da Matteo ambientata non in Galilea ma in Giudea).
Quindi, nel film, alcune donne si rivolgono a Gesù, dicendo: «Cristo, benedici i figli nostri»: si noti l’identificazione cristologica di Pasolini nella richiesta, interpretando il telling del testo matteano con uno showing.
Alcuni bambini, con fiori in mano, vengono rimproverati da Pietro (Mt 19, 13-15). La trama del film ritorna su Giovanni Battista nella prigione mentre, nel cortile di Erode Antipa, Salomè danza e lo ammalia.
La scena è un capolavoro estetico (Mt 14, 6-10). Pasolini non mostra la testa del Battista e passa a Mt 14, 13 per ritornare subito a Mt 8, 18, passo sullo scriba che dice di voler seguire Gesù, la cui risposta è: «Le volpi hanno le loro tane […] ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Pasolini inverte l’intervento del discepolo, che chiede di seppellire il padre, con quello dello scriba (Mt 8, 21-22). Viene poi citato Isaia: «Urla, o porta; grida […] Palestina tutta […] ognuno si cingerà di sacchi per le sue strade […] struggendosi di pianto» (Is14, 31-32).