Passione per le immagini
Scritto da MARIA NISII .
“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme…” (Mt 2,1ss)
Questi passi del Vangelo secondo San Matteo racchiudono l’unica menzione che nei testi sacri si faccia dei re magi. I Vangeli secondo Marco, Luca e Giovanni non ne parlano. Matteo non dice in quanti fossero. Il numero tre si deduce genericamente dai tre regali menzionati: l’oro, l’incenso e la mirra. Tutto il resto deriva dagli apocrifi e dalla leggenda, compresi i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.
L’autore aveva dunque la massima libertà per inventare, conformemente alla sua base di educazione cristiana e alla magnifica iconografia ispirata dall’adorazione dei magi, il destino e la personalità dei suoi eroi… (Michel Tournier, Gaspare Melchiorre e Baldassarre, p. 232-3)
Michel Tournier, uno dei grandi scrittori francesi contemporanei, ha rielaboratol’episodio dei magi in un romanzo-fiaba, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre (pubblicato in originale nel 1980 e tradotto in italiano nel 1995). Nella postfazione richiamata sembra voler teorizzare il lavoro del riscrittore, che opera con libertà maggiore tanto più il testo di partenza è parco di informazioni. Per questa ragione, oltre che per il gusto dell’esotico, il brano evangelico che racconta l’adorazione dei Magi ha conosciuto un grande ampliamento leggendario.
Nella versione di Tournier, Gaspare, re di Meroa, è nero e innamorato di una schiava bionda che lo respinge e lo inganna. Baldassarre, re di Nippur, è un iconofilo e un collezionista d’arte, a dispetto della sua religione iconoclasta. Infine Melchiorre, giovanissimo re mancato di Palmira, in quanto defraudato dallo zio,è ridotto a una vita da mendicante. Questi tre re seguono dunque la cometa, allontanandosi dalle loro terre, per l’amore, le immagini e il potere.
Tra i tre, il re a cui dedichiamo la nostra attenzione è Baldassarre, che in età matura lascia la sua terra per il dolore causatogli dalla distruzione del museo (il Baldassareum), in cui aveva raccolto le grandi opere d’arte reperite durante i suoi tanti viaggi; egli sa che quello scempio è avvenuto su mandato dei sacerdoti del suo regno, ma per evitare l’aperto conflitto è partito per un nuovo viaggio, dal quale si attende di comprendere come comporre il suo amore per le immagini con l’aperta ostilità della sua religione. Durante il viaggio incontra re Gaspare, a sua volta in cammino fuori dalle sue terre per la sofferenza causatagli da un desiderio frustrato. I due si trovano, casualmente, a Ebron, dove si narra che Dio avesse tratto la terra per plasmare il primo essere umano, fatto a sua immagine e somiglianza. L’occasione è allora propizia perché Baldassarre racconti all’altro il dilemma che lo dilania:
Finché l’uomo rimase quale Dio l’aveva creato, la sua anima divina trasverberò la sua maschera di carne, ed egli era puro e semplice come un lingotto d’oro. Allora immagine e somiglianza proclamavano di pari passo un solo e medesimo attestato d’origine. Si sarebbero potute evitare due parole distinte. Ma dal momento che l’uomo disobbedì e peccò, dal momento in cui mentendo cercò di sfuggire alla severità di Dio, la sua somiglianza con il Creatore scomparve e a testimoniare nonostante tutto un’origine lontana, rinnegata, tradita ma non cancellata, restò soltanto il viso, la piccola immagine ingannatrice. È quindi concepibile l’anatema che colpisce la raffigurazione dell’uomo tramite la pittura o la scultura: l’arte si fa complice di un’impostura celebrando e diffondendo un’immagine senza somiglianza. Infiammati di zelo fanatico, i sacerdoti perseguitano le arti figurative e confiscano le opere, sia pure le più sublimi del genio umano. Interrogati, rispondono che così faranno fino a quando l’immagine rifletterà una dissomiglianza tanto profonda e segreta. Forse un giorno l’uomo decaduto verrà riscattato e rigenerato da un eroe, da un salvatore. Allora la sua restaurata somiglianza giustificherà l’immagine, e gli artisti – pittori, scultori e disegnatori – potranno esercitare la loro arte che avrà recuperato la dimensione sacra (p. 40).
In una breve esegesi dei capitoli 2 e 3 di Genesi, Baldassarre spiega il senso della duplice conformazione che Dio ha donato all’uomo. Immagine e somiglianza erano in origine un tutt’uno, tanto che le due parole risultavano ridondanti. Tuttavia dopo la caduta, l’immagine (o viso o maschera) ha perso la somiglianza, causando il veto iconoclasta. La ricomposizione di tale perdita richiede un salvatore, qualcuno che la riscatti. Ed è con questo proposito che ora il re sta seguendo la stella.
Il desiderio di Baldassarre, che è andato chiarendosi nel viaggio (figura della quest, ovvero ricerca, un motivo letterario che implica un cammino quasi sempre soprattutto spirituale), è di trovare la coincidenza nella stessa immagine di finito e infinito, di verità umana e grandezza divina, del tocco della grazia nella semplicità del quotidiano.Inutile dire che troverà quello che va cercando nella stalla di Betlemme, di fronte al Bambino, al quale si prostra, per adorare quella “carne trasfigurata dallo spirito”:
Perchè non c’è arte che non sia carnale. Non c’è bellezza se non per l’occhio, l’orecchio o la mano.(p. 179)
La gioia ritrovata lo persuade che, al ritorno, saprà convincere i sacerdoti del suo regno che “l’immagine è salva, il viso e il corpo dell’uomo possono essere celebrati senza idolatria” (p. 179). E preso dall’euforia, sente che diventerà un re mecenate, favorendo la produzione della prima arte cristiana. S’immagina così persino uno dei temi che saranno sviluppati a partire dalla vicenda di loro tre, re inquieti e infine pacificati:
L’Adorazione dei Magi, tre personaggi carichi d’oro e di porpora, venuti da un Oriente favoloso a prosternarsi in una misera stalla davanti a un bambino. Ci fu un silenzio durante il quale Gaspare e Melchiorre si associarono alla visione di Baldassarre. I secoli futuri apparivano ai loro occhi come un’immensa galleria di specchi dove tutti e tre si riflettevano, ogni volta nell’interpretazione di un’epoca dal genio diverso, ma sempre riconoscibili, un giovane, un vecchio e un negro dell’Africa.
Insieme ai tre anche il lettore immagina il dilatarsi nel futuro artistico del tema dell’adorazione dei Magi, richiamando alla memoria le tante opere che questo episodio ha suscitato. Ma ancor più, con Baldassarre, vogliamo ripensare alla fecondità dell’immagine – ricerca del volto autentico e della vera immagine di Dio, di cui si nutre ogni religione. Una ricerca, che pur nella sua costitutiva necessità, ha dovuto attraversare la tensione iconoclasta che considera la trascendenza inattingibile alle sole forze umane, che con l’arte ambisce a rappresentare l’irrapresentabile, immaginare l’inimmaginabile, rendere visibile l’invisibile.
Apparentemente avvolto dall’aura esotica di un mondo lontano, nel romanzo-fiaba di Tournier rinveniamo tutta la profondità di temi teologici e cristologici, laddove Baldassarre, vedendo il Bambino, esprime quanto è stato enunciato magist(e)ralmente in Gaudium et spes 22:
…solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo… [Egli] è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato…
Constatiamo allora come questo racconto sia un brillante esempio di teologia narrativa e insieme di teoria dell’arte sacra, in quanto ci ricorda come pure il cristianesimo abbia dovuto superare il veto sulle immagini fissato dal Decalogo. Una fortuna per i nostri occhi e un piacere per i nostri sensi tutti, giacché – come ricorda François Boespflug ne Il pensiero delle immagini – “l’occhio fa percepire sensazioni tattili e persino uditive” (p. 143). E se “l’occhio ascolta”, ci mettiamo infine in ascolto delle tante storie che da queste rappresentazioni hanno preso vita nel corso dei secoli.
https://www.doppiozero.com/materiali/re-magi-due-uomini-e-una-donna
Per proseguire:
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- In copertina: Andrea Mantegna, Adorazione dei magi (1500), particolare