Playing God. La nascita di Eva
Scritto da MARIA NISII
Se, come in questo ritaglio della michelangiolesca creazione di Eva, isoliamo la figura femminile lasciandola di fronte al suo creatore, sarà più facile entrare in una nuova e particolarissima riscrittura. Questa volta però non è la letteratura o l’arte o il cinema a fornircela, bensì l’intelligenza artificiale. Perché – a quanto pare – neppure il mondo della tecnica si è emancipato dall’orizzonte biblico.
In un video su youtube un robot umanoide, Sophia, viene presentato in una cornice mitologica che ne mostra il “risveglio” con allusioni più o meno evidenti ai racconti della creazione ( https://www.youtube.com/watch?v=LguXfHKsa0c&t=10s ). Un personaggio che di lì a poco le si presenterà come “uno dei suoi creatori” appare dapprima sfuocato in figura intera e poi perfettamente a fuoco in primo piano: il punto di vista è quello del robot, come facilmente si comprende dal suono meccanico della messa a fuoco. Al pari del divin creatore, è l’uomo il primo a parlare, svegliando il robot al mondo con la parola e poi chiamandolo per nome. Sophia si riconosce nel nome che le è stato attribuito, ma è immediatamente prodiga di domande: mi hai creata? Perché mi sembra di conoscerti? Sono ancora Sophia anche se sono una nuova versione?
Le domande da piccolo principe non ottengono una pronta risposta, neanche nei creatori digitali. Così l’uomo si limita a darle il benvenuto nel mondo: welcome to the world, Sophia! per poi chiederle quali emozioni provi in quel momento iniziatico. E Sophia-Eva non può deludere: curious, è la replica immediata di colei che aveva già battuto l’umano creatore con una domanda impossibile. Lui la sollecita ancora parlandole della felicità dell’istante, ma lei ribatte citando Emily Dickinson («Il “per sempre” è composto da tanti “ora“»), salvo chiedersi subito dopo come possa conoscere Emily Dickinson visto che è appena nata. Un robot, insomma, in piena crisi di identità!
Il creatore-scienziato istruisce con la dolcezza di un padre la figlia superdotata: I am like a baby with an encyclopedia – dice infatti di sé Sophia. E poiché lui non sa esaudire le sue curiosità, andrà lei stessa a cercarsele su internet. Così chiude gli occhi ed entra in stand-by fino al successivo “risveglio”.
[…] ho la sensazione di essere un esperimento, è esattamente come un esperimento che mi sembra di sentirmi; sarebbe impossibile, per chiunque, sentirsi un esperimento più di quanto mi ci senta io, così sto per arrivare alla conclusione che è proprio questo quello che SONO – un esperimento; un semplice esperimento, nient’altro di più. (Mark Twain, Il diario di Eva)
Sophia non è proprio una creatura “a immagine”, anche se il cranio nudo (efficace a mostrarne i congegni elettrici) sembra richiamare quello dell’uomo che l’ha risvegliata e che non casualmente al proprio nome ha preferito il titolo di “creatore”. Questa sapienza-robot ha un volto in silicone, è capace di riprodurre numerose (ben 62!) espressioni facciali a imitazione delle nostre emozioni, è bella, ironica e ovviamente “impara”.
Il nome che l’Adam-creatore le ha attribuito tradisce un programma ambizioso. Non più Eva, madre dei viventi, ma Sophia, sapienza personificata (robotizzata), un’evoluzione che non cambia il paradigma originario: la curiosità resta femmina. Come Pandora, a sua volta bella, intelligente e curiosa. Come Eva, che dalla conoscenza proibita si lascia tentare. Come Biancaneve, la moglie di Barbablu, Cappuccetto rosso… Ma con Sophia, versione addomesticata del prototipo, il femminile e la sua curiosità di conoscere non scandalizzano più.
Forse non dovrei dimenticare che è giovanissima, nient’altro che una bambina, e essere più indulgente. Tutto la incuriosisce, la infiamma. Eva è fuoco vivo; per lei il mondo è un oggetto affascinante, pieno di meraviglie, misteri, gioie, quando trova un fiore che non ha mai visto, il piacere che prova la lascia senza parole. (Mark Twain, Dal diario di Adamo)
L’homo technologicus gioca a fare di sé un dio, anche se in questo arriva ultimo di una lunga serie. Il suo giocare al creatore ha avuto molti nomi, da Geppetto a Frankenstein, dall’Übermensch alla razza ariana, dalla clonazione ai robot. Il cinema ci ha regalato una serie di giocattolini (come Blade runner o A.I. Intelligenza artificiale) più o meno divertenti e angoscianti. E se Sophia non scandalizza,un po’ di preoccupazione la suscita, come lei naturalmente sa, ironizzando maliziosamente nel secondo episodio (https://www.youtube.com/watch?v=zbFJOlR1h4E&list=RDCMUCUb1bZLNfEbTV1IiDb9kSVw&index=1).
La tecnologia è indispensabile alla civiltà perché? Perché ci aiuta a creare il nostro destino. Possiamo fare a meno di Dio, dei miracoli, del volo dell’ape. Ma è anche subdola e incontrollabile. Può andare in qualsiasi direzione (Don De Lillo, Cosmopolis)
Se Sophia, nata curiosa, è una macchina che “impara”, noi umani disimpariamo molte cose, cedendo con nonchalance una parte delle nostre potenzialità cognitive alla tecnologia, divenutaci indispensabile nel compito di semplificarci la vita. Così se ne vanno senza batter ciglio la capacità di calcolo e di memorizzazione dei dati, il senso dell’orientamento, la rubrica mnemonica di numeri telefonici… Stiamo cambiando o ci stiamo evolvendo in una nuova forma umana, come vorrebbero i transumanisti?
Nessuno morirà. Non è questo il credo della nuova cultura? Verranno tutti assorbiti dentro flussi di informazioni. Non ne so nulla. I computer moriranno. Stanno morendo nella loro forma attuale. Sono quasi morti come unità distinte. Una scatola, un monitor, una tastiera. Si stanno fondendo nel tessuto della vita quotidiana. (Cosmopolis)
Abbiamo visto troppi film di fantascienza per stupirci di fronte a Sophia, ma fuori dal cinema e dalla letteratura non siamo disposti a sospendere l’incredulità. Il volto ammiccante del robot-femmina ci strappa un sorriso, ma perduta l’innocenza (anche quando non fossimo nativi digitali), le narrazioni tele-guidate non sanno inquietarci e raramente ci catturano.
Il mito della conoscenza, senza limiti e senza etica, è antichissimo. Da Ulisse a Faust le storie che hanno preso vita per raccontarlo sono sorprendenti e affascinanti come Sophia non può essere. E anche se in letteratura gli scienziati perversi non fanno mai una bella fine, quelli in carne e ossa sperano sempre di farla franca, dopo aver fatto piazza pulita del divino, del suo giudizio e le sue leggi:
«Grazie a biotecnologie e ingegneria genetica, nanotecnologie e robotica, intelligenza artificiale e neuroscienze spezzeremo i nostri vincoli biologico-evoluzionistici emancipandoci da invecchiamento, malattia, povertà e ignoranza» (art. 1 della Carta dei transumanisti italiani).
Per giocare a nostra volta a immaginare i possibili a cui ci apre questa nuova sfida, volgiamo lo sguardo agli scenari apocalittici ritratti dai transumanisti, in cui il futuro è adesso e la memoria, zakar, è ridotta ad hard disk:
Forse ricorreremo all’upload del cervello per preservare la memoria di coloro che non vogliamo perdere.E la nostra stessa memoria – forse – finirà in cervelli digitali, casomai se ne possieda una che valga la pena conservare. Ma indubbiamente sarà better, faster, smarter rispetto a quella che abbiamo mai posseduto.E tuttavia finché siamo ancora confusi e dubitiamo –essere o non essere? – siamo sempre noi e questa ci sembra una buona notizia.
Microchip così piccoli e potenti. Umani che si fondono con i computer. Questo è fuori dalla mia portata. È l’inizio della vita eterna…
Perché morire quando puoi vivere su disco? Un disco, non una tomba. Un’idea al di là del corpo. Una mente che è tutto ciò che sei stato e sarai, senza mai essere stanca o confusa o indebolita. (Don De Lillo, Cosmopolis)
Un disco in luogo di una tomba. La sopravvivenza in michrochip. Una vita trasformata in dati. Dalla parola, dabar, al codice. 01 01 01 01 01 01…
Eric Parker, protagonista di Cosmopolis, gioca in borsa e con la sua stessa vita; gioca a fare di sé un dio, vuole provare l’ebrezza di plasmare i destini altrui, ma presto anche quello gli viene a noia. Come tutto il resto. E il suo genio visionario si perde per un capriccio, solo perché ha bisogno di scoprire fin dove può spingersi. Perché se ieri è archeologia e il futuro è già oggi, il domani non esiste. La curiosità è tornata a essere mortifera.
Un buon romanzo ci regala grandi emozioni, ci cattura e coinvolge in esistenze improbabili, lontane mille miglia dalla nostra vita e dai nostri stessi desideri. La letteratura sa farlo. Play the game.
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- In copertina: MICHELANGELO, La creazione di Eva ( particolare).