Se l’Arte riscrive il dolore…
Scritto da LORENZO CUFFINI.
«Oddio, oddio, oddio, Dio santo… ». La voce registrata in un video di un uomo che vedeva crollare davanti a sé il Ponte Morandi sale a ogni sillaba di tono, inorridita e incredula. Non è possibile – pare di sentire i pensieri dell’uomo – deve essere un incubo. Non può, un colosso di cemento armato e acciaio come quello, spezzarsi come un pezzo di gesso su una lavagna e lasciare due monconi sospesi sul vuoto, e, sotto, macerie immani, su cui i soccorritori si arrampicano, affannate febbrili formiche. Genova, l’apocalisse sull’autostrada, almeno ventisei morti alle undici e trentasette di una vigilia di Ferragosto.
( Marina Corradi, La prospettiva degli uomini. La tragedia di Genova e noi, padroni di niente, su AVVENIRE del 15 agosto 2018)
Un triplice grido, una triplice manifestazione di orrore, che i telegiornali e i social hanno riportato nelle nostre case. L’irrompere improvviso e assurdo della tragedia nel clima festaiolo, nel cuore delle vacanze. Ancora una volta, strada aperta, anzi spalancata, a quel ” perché?!” che tutti ci riguarda. Domanda particolarmente familiare ai cristiani, che percorre tutta la Scrittura e tocca profondità impensabili nel venerdì santo del Calvario.
Dio, la sofferenza, l’uomo. Su questa triade, meno teologica di quella trinitaria, ma tutta affondata nella esperienza di chiunque, hanno riflettuto infinite volte gli artisti nei secoli, riscrivendone la natura, le combinazioni, la prospettiva di fede. Così, davanti a quel triplice grido di chi si è visto materializzare rovina e morte nel telefonino, viene bene ricordarne “un altro”; anch’esso triplice, e manifestato in pittura.
Si tratta di ” Tre studi per figure alla base di una Crocifissione“, dipinto da Francis Bacon nel 1944 e oggi conservato alla Tate Britain Gallery di Londra. Non c’è molto da aggiungere alle tre figure, tre esseri indefiniti ma in grado di esprimere con immediatezza la violenza, l’assurdità, la bruttezza anche del dolore. La prima porta una benda sugli occhi, come a non volere guardare tanto orrore; la seconda sembra esplodere in un urlo incontenibile e senza fine; la terza, la più “classica” e “umana” nelle forme, è comunque contorta, come schiacciata e deformata dal peso insostenibile del soffrire.
Sempre la Corradi:
“Allora in noi che stiamo a guardare può sorgere interiormente un oscuro spavento. Perché ogni giorno progettiamo, disponiamo, parliamo come fossimo i sicuri padroni della nostra vita. Ma in un momento simili eventi – così vicini, così tragici – ci contraddicono duramente….come una lama aguzza nel nostro quieto vivere “.
Ai piedi della Croce, che per il cristiano riassume il senso stesso della esistenza e si configura come il luogo della vera salvezza per tutti, Bacon colloca in tutta la sua crudezza la violenza e la disumanità della morte , a cui pure la Croce stessa porta via, e per sempre , l’ultima parola.