Sei tu
Scritto da LORENZO CUFFINI
Riscrittura inconsapevole *
Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
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Te l’ho detto. E Te l’ho detto io.
Non so da dove mi sia venuto, come mi sia uscito, in che modo l’ho pensato. Io non sono fatto per pensare: io lavoro, io non penso. Pensare mi spaventa e mi confonde. Quella domanda che ci hai fatto a bruciapelo, voi chi dite che io sia?, non avevo mai voluto pormela, da solo. Troppo rischiosa, troppo difficile, troppa roba per un pescatore.
Non che non avessi la tentazione di chiedermelo. Non tanto per arzigogolare, al contrario: per richiamarmi a un minimo di ragione che evidentemente, da quando Ti ho incontrato, ho completamente perso. Così, nelle notti passate nei bivacchi, Tu a dormire con noi, oppure da solo, in disparte, a pregare sotto un cielo vastissimo e enigmatico per come lo fissavi, in quelle notti tormentate, appena finito il sonno accumulato nelle marce quotidiane e nelle emozioni contrastanti, sveglio e inquieto, mi chiedevo: ma io, io, chi sto seguendo? Che sto facendo? Dove sto andando? Solo che, come si vede, quel Chi veniva come risucchiato, stemperato, coperto e tacitato dal mio voler indagare su di me e sul senso delle mie scelte. Un ragionare sofferto, ma che allontanava la bomba innescata di quel chi?
Confusamente, in modo arruffato e masticato male ( che pretendete da un pescatore?) certe cose erano venute a galla, e non volevano più tornarsene sott’acqua: Ti guardavo, vicino a me o lontano nel chiarore agitato di una fiamma, e mi dicevo che eri Tu l’origine di tutto dentro di me, in questa mia nuova vita, come se io avessi abboccato a un amo che mi trascinava vorticosamente via; che stare vicino a Te era toccare con mano la distanza compresa tra me e l’universo. Che eri Tu, e Tu solo, il motivo per cui la mia storia era cambiata: cambiata? buttata all’aria completamente, a ben vedere. Io invece, Simone, sapevo di non essere affatto migliorato, di essere restato quello di sempre: solo che, con la Tua vicinanza e le Tue parole, per non parlare dei Tuoi sguardi scorticanti, ora vedevo molto meglio i miei errori e i miei sbagli. Mi era ben chiaro che Tu li sapevi tutti, prima e insieme a me: ma senza mai giudicarli. La cosa mi metteva in uno stato di tensione spirituale continua che non potevo approfondire. Avevo capito, questo sì, che Tu eri il limite, il confine tra la luce e il buio che ci sono in me, e che si alternano in quel crepuscolo dove io vado a nascondermi, gettandomi nel mio fare, nel mio lavorare, nel mio non pensare. Una zona d’ombra dove avevo imparato a mimetizzarmi, a camuffare le mie mani rotte: non solo per i calli e le reti mille volte rammendate, ma anche per la fatica quotidiana di sbatterle ogni giorno contro il muro della normalità che perseguivo cocciutamente, del buon senso, del “non ho tempo da perdere, io”, del “non credo alle favolette, io”.
In quelle notti ansiose , a voltarmi e rivoltarmi nel mio mantello, una cosa la cominciavo a capire: che eri Tu la forza che mi sento dentro ogni volta che so di essere imperfetto, che eri Tu ad attraversare l’aria stessa che respiro e che mi fa vivere, ogni volta che mi tocchi . Che eri Tu a fare passare il mondo attraverso i miei occhi, quello che c’è oltre, voglio dire. Oltre l’orizzonte del lavoro, della barca, della pesca, dei pesci, della casa, della famiglia, insomma del piccolissimo cerchio tutto mio. Quello se n’era andato del tutto, rovesciato e annientato come un guscio travolto da una tempesta: mi avevi messo dentro il senso del futuro e del destino , a me, che mi facevo vanto di non voler mai staccare dalla terra i piedi ben piantati . Di quel mondo nuovo non conoscevo nulla. Sapevo solo che Tu mi seguivi e mi accompagnavi passo passo, come io fossi un bambino: per questo Ti sentivo come la cosa più bella, quella che ho sempre difeso, anche quando non la capivo, non comprendendo Te. Sei stato Tu a sconfiggere i miei dubbi, anche quando io mi ero già arreso, perché ci vuole una forza incredibile per alzarsi ogni mattina, dire buongiorno e ripartire da capo, mentre provi a vagare la giornata intera fra te stesso, Te, e gli altri che Ti stanno intorno. Mi sono detto, in quelle notti, che tu mi hai visto credere e poi non crederci più, e che pure non mi hai cacciato. Mi sono detto che nonostante tutto io ero lì, ero restato, con una sconosciuta insistenza ad esistere, sentendomi appeso ad un filo sottile…e lo dicevo io: non un poeta, non un filosofo, ma un pescatore. Uno che sa molto bene come serva a niente, un filo sottilissimo.
Così sono arrivato ad oggi, alle mie parole , inaudite, per giunta in bocca mia: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Oggi è un giorno per credere in Te, e poi restare a testa bassa, senza più parole. Oggi voglio vivere i sogni che ho fatto, anche se lo so : Tu hai deciso di essere altrove, molto lontano dai miei sogni. Ma oggi è il giorno per credere in Te. Io ho parlato, e non saprei più dire altro. Lasciami così: senza parole, che è la mia dimensione naturale. Senza parole, perché io resto quello che non è fatto per parlare, non è fatto per pensare. Io direi: non è fatto per Te. Tu mostri di pensarla diversamente. Eppure lo sai già che resterò lo stesso, capace di dubbio, di paura, di rabbia. Vuole dire che Ti va bene così? Non lo so e non lo credo. Ma dubbi, paura e rabbia che verranno, ecco: Te le do. Roba tutta mia. L’unica che ho da offrirti: quella che misura la distanza tra un uomo che ha vinto e un uomo sconfitto.
Sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Sì, sei Tu.
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