Tutto finito

8 Aprile 2023Lorenzo Cuffini

Scritto da  LORENZO CUFFINI.

Una riscrittura per il Sabato Santo.

 

Dunque, tutto è finito.

La vicenda  raccontata da Jesus Christ Superstar non contempla Risurrezione. Il reclinare il capo di Cristo in croce, è come se spegnesse  tutto. The show must go on, ma non in questo caso. Cala il sipario sulla vita di JC, e pure sullo spettacolo.

Ma l’orizzonte, sorprendentemente, non si chiude.

Le parole tacciono, il set smobilita, la musica s’ incanala in una melodia conclusiva di archi e fiati che creano un’atmosfera pensosa e sospesa. Proprio qui sta il primo seme di futuro. Non c’è una pietra a chiudere un sepolcro, ma uno skyline dominato dalla croce, su un sole calante infuocato: più che tramontare, sembra suggerire un’alba.

Il secondo seme sta proprio in quella croce, che resta.

I personaggi della storia, ritornano gli attori che li hanno interpretati. Pilato, Erode, Caifa, Anna, gli Apostoli, Maddalena e Giuda: tutti abbandonano il ruolo giocato in commedia. Finita la loro parte, risalgono sull’autobus della compagnia di giro e tornano alla vita di tutti i giorni.

Con una sottile valenza che il praticante afferra: non è un poco quello che abbiamo fatto noi in questi giorni, partecipando ai riti della Settimana Santa? Chiesa, piazze, strade: il nostro posto, le nostre parole recitate, le palme, il Passio, la Coena Domini, l’altare della deposizione, le vie crucis, la celebrazione della passione, l’adorazione della croce. Poi, un bel sospiro, un segno di croce, passata la commozione, archiviate le funzioni, si guadagna l’uscita, si riaccende il cellulare e si ritorna a casa. Alla vita di tutti i giorni. Alla vita fuori. Alla nostra vita vera. Già: ma allora, quella che abbiamo brucato un pochino nel recinto sacro e dedicato della chiesa, che cosa era?  Anche noi è come se salissimo su quell’autobus, riprendendo la strada verso il nostro tran tran quotidiano.

Tornando a Jesus Christ si potrebbe obiettare: la fine è il percorso logico e contrario, rispetto all’inizio del film. Che consisteva proprio nell’arrivo della compagnia di scena a bordo di quel  suo torpedone scarcassato. C’è tuttavia una differenza sostanziale: prima di iniziare,  insieme ai costumi, gli attori scaricavano anche la grande croce imbragata sul tetto, il più ingombrante e più importante pezzo della scenografia in allestimento. Quella croce, al momento del ritorno, non c’è piu. La croce resta.  A significare: abbiamo recitato, tutto è stato fiction. Ma la Croce, no. Quella è vera. Quella resta, come un albero piantato in mezzo all’orizzonte: e lo cambia, in modo permanente.

Il terzo seme di futuro, sta in chi manca  su quell’autobus, che se ne torna indietro per il viaggio di ritorno. A ben vedere: salgono tutti, ma Gesù non sale. Potrebbe stare a rappresentare il compimento massimo della separazione tra il personaggio del Maestro e tutti gli altri,  il filo rosso che segna tutto il film e che va allargandosi in tutte le direzioni, aggiungendo incomprensione a incomprensione. Tra Lui e i suoi; e la folla, i lebbrosi, i romani, il procuratore, i soldati, Erode. Mondi che interagiscono, ma come mantenendo orbite indipendenti , anche se intersecate per un breve periodo di tempo.

Ma la lettura puo’ anche essere un’altra: come e piu’ che per la croce, per Gesù vale la differenza tra la finzione della messa in scena e la sostanza della realtà. Tutti gli altri, finito di interpretare il loro ruolo, se ne vanno. Gesù no, perché non interpreta: Lui “è”. Ed è quello che progressivamente e drammaticamente si va chiarendo nel corso del film: “He’s just a man” come cantano prima Maddalena e poi Judas, ma a man che parla con Dio, da pari a pari, faccia a faccia, che si confronta con Lui, grida e gli chiede conto, per poi accettare e farne la volontà,  fino a chiamarlo Padre , come da Vangelo, sul patibolo. Un Gesù che progressivamente si divinizza, nell’incomprensione tragica e generale che lo circonda da ogni lato. Un equivoco gigantesco va montando intorno a Lui: quelli lo credono solo un uomo, ma superstar, taumaturgo, portentoso, leader di piazza, re. Lui – non creduto – smentisce tutti, delude tutti nelle rispettive aspettative  e, completamente misconosciuto, sulla croce si rivela Figlio di Dio. Come potrebbe, a quel punto, Lui, risalire su quell’autobus?

Qualcuno ha parlato di una ” Risurrezione implicita” adombrata in questa monumentale e spettacolare riscrittura. A me pare  più semplicemente, che la narrazione ripercorra a modo suo quello che anche i Vangeli in qualche misura lasciano trasparire. Che cioè nessuno se la aspettava , la Risurrezione, quella stessa  che noi diamo per scontata oggi al terzo giorno. Che gli apostoli se ne stavano asserragliati. dopo la deposizione nel sepolcro, nella paura di essere arrestati, e non nell’attesa della pietra rotolata via. Tant’è che la povera Maddalena, la prima testimone visiva del Risorto, quando si precipita a raccontar loro il suo incredibile incontro, non viene creduta. La tentazione del ” tutti a casa” , quel salire metaforico sull’autobus di ritorno, è stata  la pulsione – e anche la via obbligata – per i protagonisti veri di quella vicenda. Ce la esprime bene l’episodio dei  discepoli di Emmaus:

Si fermarono, col volto triste;  uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».  Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;  come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.

E’ come se questo Cleopa avesse anche lu il suo bravo piede  sul predellino del torpedone, un ultimo sguardo triste all’orizzonte, a quella sagoma di croce a stagliarsi in cielo, e poi via: noi speravamo, e invece…

Non solo c’è da essere comprensivi con tutti coloro che contro l’esperienza della Risurrezione di Cristo hanno sbattuto la faccia e indulgenti verso la loro naturalissima, giustificata, sana difficoltà a credere alla sua realtà effettiva e materiale. Ma bisognerebbe cogliere l’occasione – magari quella di questa riscrittura -, per recuperarla anche noi, un po’ di quella difficoltà, di quello stupore, di quello sbalordimento necessari per rendere la nostra fede un motore di cambiamento di vita, e non solo una enunciazione di verità a parole.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA e da Googlepolitica sulla riservatezza ETermini di servizio fare domanda a.