Versi per resistere (2)

9 Aprile 2022Lorenzo Cuffini

Scritto da MARIA NISII.

2. La prima parte di questo articolo è stata pubblicata il 2 aprile 2022 (https://scrittoridiscrittura.it/senza-categoria/versi-per-resistere )

 

Oggi, dice Sedakova, si è perso quell’attaccamento alla poesia, proprio ora che – apparentemente – c’è più libertà. Si possono scrivere e leggere poesie, purché non parlino di politica.Ultimamente però, lo sappiamo, il clima è tornato a essere teso e una nuova opera di censura si è abbattuta in territorio russo:

Il clima è depresso e teso. Un gran numero di persone cerca di vivere la propria vita come se non fosse successo nulla. Le persone con una chiara posizione contro la guerra si sentono come ostaggi: la forza militare dello Stato è diretta contro di loro. La repressività del regime è andata accumulandosi nel nostro Paese per molto tempo, ma ora sta diventando una vera e propria minaccia. Anche se qualcuno osa dichiarare apertamente la propria posizione, la gente non lo ascolta. Molte persone della mia cerchia stanno lasciando il Paese. Con varie motivazioni: la paura delle rappresaglie, la riluttanza a partecipare, il desiderio di salvare i bambini. Allo stesso tempo, uscire o fuggire diventa sempre più difficile. Spesso è una fuga verso una destinazione sconosciuta, senza averi, senza soldi, lungo percorsi difficili.” (per l’intervista completa: https://www.avvenire.it/mondo/pagine/olga-sedakova-ucraina-russia-intervista)

Leggiamo alcune sue poesie, cercando di coglierne la portata “rivoluzionaria”.

 

 

Dormi, tesoro, se no ti getteranno,

ti getteranno senza guardare,

come ha lasciato il figliolo la spigolatrice

ai bordi del campo dell’orzo.

Miete e le lacrime asciuga.

  • Mamma, mammina, chi mai s’avvicina,

chi sta ritto sopra di me?

 

Stanno ritte tre vecchie fatate,

stanno in alto tre lupe argentate,

che lo cullano e consolano piano,

masticando papaveri in grano:

ma il papavero il bimbo non vuole,

sta piangendo e nessuno che l’ode.

 

(Ol’gaSedakova, Un’altra ninna nanna)

 

L’inquietudine penetra in quello che dovrebbe essere un canto consolatorio e propiziatorio della pace prima del sonno. Sul bambino incombono figure paurose dietro immagini fiabesche, ma nessuna madre arriva a soccorrerlo.

 

 

Brucia, invisibile fiamma,

altro di me non occorre.

Il resto tutto toglieranno.

E se no, chiederanno per favore;

e se no, disfarò da me medesima,

per la noia e l’orrore.

 

Come stella sulla culla,

come scolta in fitto bosco,

dondolando la catena,

brucia fiamma non veduta.

 

Tu, lampada, il tuo olio le lacrime,

incrinatura del gelo del cuore,

sorriso di chi se ne va.

 

Tu brucia, ridai la novella

al Dio dei cieli: il Salvatore

ancora ricordano in terra,

del tutto ancora non dimèntichi…

(Ol’gaSedakova, Vecchi canti, 8.)

 

L’immagine del fuoco possiede un legame forte con la poesia e l’ispirazione che la porta a compimento, al punto da essere richiamata nel titolo della raccolta. In quanto strettamente legata all’atto del poetare, dice qualcosa dell’essenza stessa della poesia e della sua azione di resistenza (il resto tutto toglieranno) di fronte all’orrore. Un’ispirazione nutrita dal dolore (il tuo olio le lacrime), ma rivolta al divino.La fiamma allora è anche segno di fede, laddove questa sembra quasi spenta.

Nei suoi versi si trovano alcune immagini bibliche e temi teologici, ma la fede in lei è soprattutto punto di vista, narrazione.

 

 

Impotente,

del tutto impotente,

come il nulla,

non toccato dalle mani creatrici,

le mani della speranza,

alla cui calamita

 

si solleva il germoglio della nera aratura,

si solleva dal quarto giorno Lazzaro,

avvolto le mani ed i piedi

nel suo sepolcrale sudario

nel sudario più della morte morto:

 

il nulla,

del tutto nulla,

anima mia! taci,

che da questo non sia tu toccata.

 

(Ol’gaSedakova, Nulla)

 

Il nulla si oppone alla creazione (e alla creatività) e alla vita stessa, su cui infine la poesia fa calare il sipario (che l’anima del poeta non ne sia toccata). Neppure Lazzaro potrà essere portato in vita – la morte si prende tutto lo spazio.

 

 

Sei pronto? –

l’angelo sorride –

lo chiedo, ma so

che tu certamente sei pronto:

già che non parlo a un uomo qualunque,

ma a te,

e pure,

in questa pietra rosa sgretolata,

levando il braccio

che la grande guerra mi svelse,

eppure lascia ch’io ricordi:

sei pronto?

Alla peste, alla fame, il tremoto, il fuoco

l’invasione straniera, l’ira su di noi accesa?

 

(Ol’gaSedakova, L’angelo di Reims)

 

La descrizione della cattedrale di Reims veicola da un lato la grandezza della civiltà europea e delle sue radici culturali cristiane ma nel contempo è pure esempio di barbarie, in quanto bombardata durante la prima guerra mondiale. Attraverso le tradizionali invocazioni (A peste, a fame, a bello libera nos, Domine) si richiamano i grandi mali che hanno afflitto l’umano e che non hanno risparmiato neppure le sue opere (la pietra sgretolata).

Ol’gaSedakovaha partecipato attivamente alla storia del suo paese, anche prendendo parte alle manifestazioni di opposizione alla guerra che ci sono state recentemente in Russia. E naturalmente aveva già preso parte a quelle di piazza Bolotnaya nel dicembre 2011 (si può leggere l’intervista dal suo blog: https://www.olgasedakova.com/it/interview/1058).

Il poeta è un resistente, lo stilo la sua arma. E che i totalitarismi l’abbiano sempre temuto è segno della potenza delle parole. Potenza della libertà, potenza di una parola libera.

Poeta è colui che può morire

là, dove vivere vuol dire: andare fino a morire…

(Elegia dell’acqua d’autunno, 12)

 

 

 

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