La creazione della donna

Scritto da NORMA ALESSIO.

 

«Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27)

Ci siamo occupati in precedenza de “La creazione dell’universo” nell’arte *, ora affrontiamo il tema de “La creazione della donna. Su quest’ultimo argomento le opere artistiche sono meno frequenti, mentre più diffuse sono quelle della donna nella scena del peccato originale. Prima di analizzare le varie interpretazioni date dagli artisti è necessario distinguere il duplice racconto biblico della creazione: quella del genere umano, fatta da Dio alla fine del sesto giorno, raccontata nel primo capitolo della Genesi, e la creazione dell’uomo, nel secondo capitolo.

Nel primo “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò”(Gen 1,27) dove è sintetizzata la nascita dell’essere umano, che è uno solo, ma che ha in sé il maschile e il femminile.Questo è chiaro nella lingua ebraica in cui sono stati  scritti la maggior parte dei libri della Bibbia, in cui i termini uomo e donna hanno la stessa radice sia al maschile che al femminile: “uomo maschio” è ish, “uomo femmina” è ishsha. Nel secondo il racconto avviene in modo popolare e con uno stile semplice e figurato che si presta più facilmente a essere raffigurato: “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,7).

 

 

Nel mosaico del XII secolo del Duomo di Monreale, singolare è la raffigurazione della creazione dell’uomo (l’adam) nella quale i due racconti della Genesi sono uniti: qui, nella parte superiore, sono presenti (a segnalare su una montagna in modo sintetico la creazione del mondo animale e vegetale già avvenuta), un bosco e diversi animali, e a destra l’uomo nudo, seduto per terra, con una mano aperta, rivolta verso il creatore, in un gesto di recezione, con volto simile a quello di Dio, dalla cui bocca esce il soffio di vita che raggiunge le narici dell’uomo infondendogli “l’alito di vita” affinché diventi un essere vivente.

 

Mosaico del Duomo di Monreale (Palermo), XII sec.

 

Nel mosaico del XIII secolo della volta della creazione nella Basilica di San Marco a Venezia, l’artista, nella scena, visualizza in modo reale quello che è scritto nel testo del secondo capitolo, rappresentando l’uomo, Adamo, prima di colore marrone, perché tratto dall’argilla che Dio plasma per dargli forma, poi, dopo il settimo giorno, nel momento in cui Dio gli infonde l’anima sotto forma di figurina con le ali, il suo colore schiarisce, diventando l’essere vivente.

 

Mosaico della Basilica di San Marco, Venezia, XIII sec.

 

Dio quindi, dopo aver creato l’uomo e gli animali, genera, con la stessa materia di cui è costituito l’uomo, una nuova creatura umana, la donna (Eva, “la vivente”, come la chiama Adamo): Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta» (Gen. 2,21-22).

Questa descrizione letterale dà un’immagine molto popolare della creazione della donna, che solitamente viene rappresentata in un unico momento, dove dal fianco (non dalla costola, il termine ebraico infatti vuol dire anche “fianco”) dell’uomo addormentato, esce la donna che prende vita.

Così lo vediamo ritratto nel bassorilievo sulla porta, a destra del protiro di San Zeno a Verona del 1138 circa, con Dio che allunga la mano destra ad afferrare con fermezza il polso della donna per condurla dall’uomo, che esce appunto dal fianco di Adamo. Ha le proporzioni rigonfie e i movimenti goffi, segno della fatica della creazione, lo stupore della vita nel suo sguardo, con gli occhi già ben aperti a fissare il Padre.

 

Bassorilievo dal protiro di San Zeno, Verona, 1138 circa.

 

A Orvieto, nella parte inferiore di uno dei quattro piloni esterni della facciata del Duomo, vi è un bassorilievo del 1300 a opera di Lorenzo Maitani in cui le scene sono due: la prima, in cui Dio è intento ad aprire il fianco di Adamo già addormentato, con la stessa attenzione di un chirurgo; la seconda, dove estrae la donna.

 

Bassorilievo della facciata del Duomo, Orvieto, 1300 circa

 

Nella formella in terracotta, risalente agli anni tra il 1405 e il 1410, attribuita a Donatello, conservata nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, Eva è raffigurata ormai in piedi, mentre si abbraccia teneramente a un Dio paterno.

 

Formella in terracotta, Donatello, Museo dell’Opera del Duomo , Firenze, 1405/1410

 

L’affresco della creazione di Eva nella Cappella di San Biagio a Piedimonte Matese, invece è rappresentata secondo la versione dalla traduzione più comunemente nota del testo biblico, dove Dio ha in mano la costola di Adamo la cui forma evoca il volto della donna.

Creazione di Eva, affresco, Cappella di San Biagio a Piedimonte Matese

 

In tempi moderni Agust Rodin (1840-1917) interpreta bene, nella scultura dal titolo “la mano di Dio” (1896), il significato della creazione dell’essere umano: è una mano che trattiene un blocco informe dal quale emergono due figure assopite in posizione fetale, l’uomo e la donna, ancora non definite e formate in un unico atto, che cercano di liberarsi con difficoltà da un pezzo di terra; fatti da un’unica materia, ma con due identità distinte, che solo assieme creano l’essere compiuto. Anche Giovanni Paolo II nella lettera apostolica “Mulieris dignitatem” mette in risalto come «L’uomo in sé non è l’umanità perché l’uomo si costituisce tale solo dinanzi al “tu” della donna, che è l’altro “io” nella comune umanità» (MD, n. 6)

 

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* Vedi a questi link :

https://scrittoridiscrittura.it/senza-categoria/creazione-1

https://scrittoridiscrittura.it/senza-categoria/creazione-2

  • In copertina: Creazione di Eva, bassorilievo dalla facciata del Duomo di Orvieto, particolare

L’estate sta finendo…

 

Scritto da GIAN LUCA CARREGA .

 

L’estate è agli sgoccioli, ma siamo ancora in tempo per un post vacanziero.

Il nostro blog si occupa di riscritture bibliche, nella convinzione che il testo sacro possa essere riletto in chiavi diverse con effetti positivi pur restando in qualche modo fedele all’originale. Ma siamo anche consapevoli che molte persone insistono su una lettura ed una interpretazione letterale della Bibbia, senza un reale discernimento tra il contributo umano e quello divino. Che cosa accadrebbe se una persona occidentale del terzo millennio decidesse di vivere applicando alla lettera i dettami della Scrittura? È esattamente questo lo spunto di una serie televisiva americana che è stata proposta in Italia sulla TV in chiaro quest’estate, Living biblically.

 

 

Chips, il protagonista della vicenda, è un critico cinematografico quarantenne la cui vita viene sconvolta da due eventi speciali: la morte del suo migliore amico e la notizia della sua imminente paternità. Questa diventa per lui l’occasione di dare una svolta alla sua vita conformista di agnostico un po’ edonista con una decisione assai drastica: fino al momento del parto di sua moglie vivrà seguendo scrupolosamente i dettami della Bibbia. Tutti. Quando comunica questa decisione al parroco della chiesa che non frequenta (e che continuerà a non frequentare…) provoca una sonora risata in padre Gene, che non riesce a prenderlo sul serio: nessuno può vivere così! Perché non accontentarsi di essere una brava persona che rispetta i doveri principali. Ma finirà di far parte della “squadra di Dio” col suo amico rabbino per risolvere i non pochi dilemmi pratici che Chips si trova ad affrontare. Potrà ancora coprire le scappatelle dei colleghi? Accetterà che in ufficio si continui a rubare la cancelleria? La satira garbata di questa serie mette in luce le mille contraddizioni di una società post-cristiana, dove i credenti si trovano a dover ponderare le loro scelte quotidiane sulla base di valori che spesso sono in contraddizione con quel che dice la Bibbia.

 

 

La serie era stata pianificata in 13 episodi con la possibilità di una seconda stagione, ma in America non ha riscosso grande successo e così la programmazione è stata sospesa dopo appena 8 episodi (in Italia sono disponibili attualmente solo i primi quattro). Certo, è un peccato, ma in effetti dopo il buono spunto iniziale la trama non decolla. Resta però la curiosità di recuperare il libro che ha ispirato la serie, Un anno vissuto biblicamente di A.J. Jacobs, purtroppo ormai scomparso dagli scaffali delle librerie. Oppure, chissà, il desiderio di provare a vivere una settimana rispettando ogni precetto della Bibbia. Se non altro perché ti obbliga a leggerla tutta!

 

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  • La serie : “Living Biblically” è una serie televisiva statunitense ideata da Patrick Walsh, prodotta da Johnny Galecki e basata sul best seller di A. J. Jacobs, Un anno vissuto biblicamente (The Year of Living Biblically). trasmessa per una sola stagione sulla CBS dal 26 febbraio 2018, e in Italia a luglio dello stesso anno e – in chiaro – nell’estate 2019.
  • Il libro : “Un anno vissuto biblicamente” (The Year of Living Biblically). di A. J. Jacobs , Rizzoli, 2008

Mimì , profumo versato e sciolti capelli

 

 

Riscritture inconsapevoli (6).

Riscritture inconsapevoli” , ovvero una  piccola raccolta estiva ed estemporanea di canzoni: scritte dai loro autori  per motivi e contesti tutti diversi, eppure in grado di rappresentare, almeno a qualche orecchio, un pezzo di Scrittura, che si riscopre lì dentro, come inconsapevolmente richiamata.

 

La donna  che versò  sui piedi di Cristo un vasetto di costoso olio profumato e li asciugò con i propri capelli.

Luca  7, 36-50:


Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.

A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”. Gesù allora gli disse: “Simone, ho una cosa da dirti”. Ed egli: “Maestro, di’ pure”. […]

E volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco”. Poi disse a lei: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”. Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: “Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?”. Ma egli disse alla donna: “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!”.

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Io la conosco, la gente di questo posto. Benissimo, la conosco. E la gente conosce me: benissimo, mi conosce. Anche se mi passa vicino fingendo di non vedermi. O di non sapere chi sono.  E mi giudica: anzi, mi condanna, senza appello. Compresi alcuni di quelli che   mi vengono a  cercare, e non una volta sola.  Anzi: soprattutto quelli. Sai, la gente è strana, a guardarla da vicino. Ma non è strana per me, che la conosco come il bordo della mia veste. Distolgono lo sguardo e voltano la testa davanti a me. Per strada e nello loro case , mi odiano,  mi maledicono. Ma quando hanno  bisogno – bisogno di me, voglio dire, di quello che trovano da me, voglio dire – insomma, quando gli monta la  voglia, quando decidono di volere il piacere,  e di comprarselo , allora mi cercano , allora mi guardano, allora mi parlano, allora entrano nella mia casa . Allora mi amano, per dir così. Amano solo la mia carne, certo. In quale altro modo potrebbero  amare una come me?

Loro non lo sanno, ma io lo dico sempre : solo con me, sono veri. Non si preoccupano di mentire, nel mio letto. Non mi devono nulla, se non il prezzo stabilito. E’ quando se ne vanno, che scivolano in un momento  dalla verità alla menzogna. Quando escono per  strada:cauti, nascosti, guardinghi, prudenti. Da quel momento mentono, anzi tornano a mentire. Quando escono da me, si rivestono. Dei loro abiti. E della loro rispettabilità, della loro  onestà, del loro rigore . Della loro legge. Appena fuori dalla mia porta, tutto il loro mondo è salvo, e lo ritrovano. Lo fanno, così: senza serietà, ma  senza alcun  problema. Come se non avessero fatto niente, lì da me. Come se fosse stato niente: come se io fossi niente. A volte mi chiedo se non sono pazzi, a rischiare così:  basterebbe un volto che si scopre, una persona che ti incrocia, uno sguardo che ti riconosce, e il loro universo sicuro e garantito andrebbe in pezzi. Tanto puo’, la loro insoddisfazione.

Quando ho saputo dal mercante di Genesaret che il Rabbi della Galilea sarebbe venuto e sarebbe andato a  casa di Simone,  quel fariseone  che abita non lontano da qui,  beh,  mi sono sentita prendere da una curiosità mai provata. Da un bisogno, quasi. Indefinibile . Persino fastidioso, dal momento che  mi rendevo conto che non riuscivo a rintuzzarlo con una risata e un’alzata di spalle.  All’inizio, era solo una inquietudine strana, che non riuscivo a spiegarmi. Poi, piano piano, ho capito cosa mi si agitava nella mente. Era questo: e se io, la reproba, la peccatrice, quella che nessuno nomina, quella che nessuno conosce, se proprio io avessi potuto incontrarlo, il Rabbi? Vederlo, parlargli?  Non era una pazzia, questa? Certo che lo era. Mai mi avrebbero fatto avvicinare. Figurarsi, una come me.  Ma perché avrei dovuto, poi:  per cosa? Mai stata religiosa, io. E come avrei potuto, anche volendolo, io, la reietta?

Il fatto è che avevo sentito su quel Rabbi  molte e differenti cose. Mirabolanti, alcune: miracoli, miracoli, miracoli. Ma di quelli mi importava poco o  niente. Non erano quelli a spingermi. Avevo sentito invece  di parole nuove, di insegnamenti nuovi, di predicazioni diverse e mai ascoltate. C’era anche  chi diceva che lui,  figlio di un falegname, falegname lui medesimo, fosse addirittura l’ Unto, il Promesso, il  Messia atteso. Dicevano  che non dimostrasse  paura o ritegno  a parlare con tutti, ma proprio tutti. Compresi  i pubblicani,  compresi i romani.  Comprese quelle come me . Dicevano di averlo sentito parlare  della  Legge in modo nuovo, del sabato fatto per l’uomo, e che insegnasse  a chiamare  Yahweh,  abbà. Soprattutto, mi  aveva raccontato il mercante di pelli,  lo avevano sentito dire: le prostitute  vi passano davanti nel Regno dei cieli.  Una pazzia, vero?  Però… e se davvero lo avesse detto? E se davvero lui fosse quello che dicevano , e , essendolo,  davvero avesse detto questo?

Ecco, era questa la cosa che mi aveva toccato:  continuava a tornarmi in mente, anche se continuamente la scacciavo (ci manca pure che mi metta a fantasticare come una verginella!) e continuamente me la  ritrovavo tra i pensieri. Tra gli ansimi del cliente di turno, e i miei sguardi fissi sul  soffitto della stanza, in attesa di quello successivo.  Senza nemmeno sapere se le avesse detto per davvero, quelle parole, me le scoprivo piantate dentro, ad accendermi  il cuore e  a rivelarmi  un mondo. Più che una rivelazione, una specie di  conferma.  Di qualcosa che,  sotto sotto,  mi apparteneva da sempre, anche se non sapevo di averla o di conoscerla. Una verità non detta e non dicibile. Nemmeno sperata. Inespressa,  sotterrata, sepolta nel mio spirito. E adesso, era come se quel Rabbi sconosciuto le avesse detto: vieni fuori.

Prima l’ idea di incontrarlo,  pensata quasi per scherzo. Poi l’idea che  diventa un proposito, e il proposito mi metteva la febbre addosso. E mi faceva strana. Mi ero sorpresa persino a pensare ai mercanti e ai padri di famiglia che frequentavano il mio letto e il mio corpo  quasi con una specie di  tenerezza piena di comprensione. Mi dicevo: sai, la gente è sola, e , in fondo, si consola come puo’.

I giorni passavano e perché la mia mente non si  perdesse in congetture inutili, in paure
per nulla, troncai con quell’ansia crescente e decisi che sarei andata a vedere, che avrei fatto di tutto per parlargli. Ma a dirgli, che, poi? Basta, il giorno alla fine venne, e non era più tempo di pensare, di fantasticare, di ragionare. Venne il giorno, e il Rabbi venne, e fu in casa di Simone.  E siccome quello lo aveva invitato a pranzo, lui ci andò per pranzo e si mise a tavola con gli altri. La ressa di gente era tanta, fuori dalla porta, e non mi fu difficile mettermi nel mezzo,  mescolarmi e, al momento giusto, avvolto il capo in una tela che mi coprisse il volto, scivolare dentro e raggiungerlo al suo posto. Mi ero portata un vasetto d’olio profumato:  e non sapendo come fare, cosa fare e cosa dirgli, alla fine feci l’unica cosa che sapevo fare . Usare  il mio corpo. Davanti a lui, mi rannicchiai ai suoi piedi. Piangevo, come mai avevo fatto prima. Lacrime mute, irrefrenabili, che mi venivano non so da dove e non so perché ; e con quelle gli bagnavo i piedi, e glieli asciugavo con i miei capelli sciolti, e glieli baciavo, i piedi, ungendoli intanto e  cospargendoli di olio profumato e ricoprendoli con le mie carezze.

Ci fu un gran silenzio in quella sala. Poi un un gran trambusto. Un mormorio sempre piu’ forte. Una indignazione crescente e minacciosa.  Sentii che qualcuno diceva, tra i presenti: ma che razza di profeta è, questo, se non sa che  donna è quella che  lo sta toccando? E un altro rispondeva :  e se lo sa, perché la  lascia fare? La parola scandalo! iniziava a sibilare e a serpeggiare ripetuta tra la gente. Poi parlò il Rabbi . Disse cose che mai avrei pensato di sentire. Parlava a Simone, ma io sentivo il suo sguardo fisso su di me, e la sua voce che mi pioveva dritta sulla testa.  : “Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco”. Ci fu una pausa, poi mi sentii dire : “Ti sono perdonati i tuoi peccati“. Qui scoppio’ il putiferio:  molti tra gli invitati, senza più tenersi, dicevano  fra loro a voce alta “ Ma senti questo! Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?”. Li ignorò completamente, e mi parlò ancora. E disse, a me e a me sola : “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!”.

Tu. Tu sei diverso da tutti. Almeno tu, nell’universo. Sei un punto fermo,  che non ruota mai intorno a me. Ho trovato un  sole che splende per me soltanto, come un diamante in mezzo al cuore. Proprio Tu. Tu che  sei diverso.  So che almeno tu, nell’universo, non cambierai. Dimmi che per sempre sarai sincero. Dimmi che  tu mi amerai. Davvero. Di più, di più, di più.

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“Almeno Tu nell’universo”

di Mia Martini.

Sai, la gente è strana
Prima si odia e poi si ama
Cambia idea improvvisamente
Prima la verità poi mentirà lui
Senza serietà
Come fosse niente
Sai, la gente è matta
Forse è troppo insoddisfatta
Segue il mondo ciecamente
Quando la moda cambia
Lei pure cambia
Continuamente, scioccamente
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo 
Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto
Come un diamante in mezzo al cuore
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Non cambierai
Dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero di più, di più, di più
Sai, la gente è sola
Come può lei si consola
Per non far sì che la mia mente
Si perda in congetture, in paure
Inutilmente e poi per niente
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto
Come un diamante in mezzo al cuore
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo 
Non cambierai, dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero di più, di più, di più
Non cambierai
Dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero, davvero di più
Al link seguente il video:
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  • Almeno tu nell’universo  – Compositori: Bruno Lauzi / Maurizio Fabrizio

 

Giorgia e Maddalena non creduta

 

 

Riscritture inconsapevoli (5).

Riscritture inconsapevoli” , ovvero una  piccola raccolta estiva ed estemporanea di canzoni: scritte dai loro autori  per motivi e contesti tutti diversi, eppure in grado di rappresentare, almeno a qualche orecchio, un pezzo di Scrittura, che si riscopre lì dentro, come inconsapevolmente richiamata.

 

Maria di Magdala, con le altre donne, testimonia, non creduta dai discepoli, la Risurrezione.

Marco 16, 9-16:

“Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, il Signore Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.”

Luca 24, 9-12 :

“Tornate dal sepolcro, le donne annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli Apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse.”

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Non mi credono. Non ci credono. Siamo donne. Che conta, la parola nostra? Non mi credono, non mi credono.  Tu mi hai prescelto, quale prima testimone. Me: lo capisco, non ne sono degna. Ma chi era lì, al sepolcro? Chi era stata, sotto la tua croce? I “tuoi”, quelli che adesso mi guardano come una povera pazza, dove erano? Dove sono? E allora: perché non avrei potuto essere io, la prescelta, quella a cui svelarTi per primo? Con la tua voce, con il tuo volto.

MARIA!

La beatitudine di quella parola e di quel momento, è svanita davanti agli occhi vuoti e ai cuori duri dei Tuoi. Non mi credono, non ci credono. La beatitudine è diventata peso, è diventata solitudine amara: non solo non creduta, ma non capita, non voluta , non ascoltata, non seguita. 

Solo sola, senza di Te. E adesso che so che sei vivo, non vorrei altro che  essere con Te, ovunque, comunque, sempre…  Non qui. Tra chi non mi crede e non mi vuole.

Sono sola, adesso, stasera. Il cuore pesante. La voglia di piangere.

Mi sento presa a schiaffi. Da tutti, ma non da Te.

Vienimi a prendere. Chiamami ancora.

MARIA! 

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Le tasche piene di sassi

di Giorgia.

 

“Volano le libellule
Sopra gli stagni e le pozzanghere in città
Sembra che se ne freghino
Della ricchezza che ora viene e dopo va
Prendimi non mi concedere
Nessuna replica alle tue fatalità
Eccomi son tutta un fremito, ehi

Passano alcune musiche
Ma quando passano la terra tremerà
Sembrano esplosioni inutili
Ma in certi cuori qualche cosa resterà
Non si sa come si creano
Costellazioni di galassie e di energia
Giocano a dadi gli uomini
Resta sul tavolo un avanzo di magia

Sono sola stasera senza di Te
Mi hai lasciato da sola davanti al cielo
E non so leggere, vienimi a prendere
Mi riconosci ho le tasche piene di sassi

Sono sola stasera senza di Te
Mi hai lasciato da sola davanti a scuola
Mi vien da piangere
Arriva subito
Mi riconosci ho le scarpe piene di passi
La faccia piena di schiaffi
Il cuore pieno di battiti
E gli occhi pieni di Te

Sbocciano i fiori sbocciano
E danno tutto quel che hanno in libertà
Donano non si interessano
Di ricompense e tutto quello che verrà
Mormora la gente mormora
Falla tacere praticando l’allegria
Giocano a dadi gli uomini
Resta sul tavolo un avanzo di magia

Sono sola stasera senza di Te
Mi hai lasciato da sola davanti al cielo
E non so leggere vienimi a prendere
Mi riconosci ho un mantello fatto di stracci

Sono sola stasera senza di Te
Mi hai lasciato da sola davanti a scuola
Mi vien da piangere
Arriva subito
Mi riconosci ho le scarpe piene di passi
La faccia piena di schiaffi
Il cuore pieno di battiti
E gli occhi pieni di Te

Oh, sono sola stasera senza di Te
Mi hai lasciato da sola davanti al cielo
Vienimi a prendere
Mi vien da piangere
Mi riconosci ho le scarpe piene di passi
La faccia piena di schiaffi
Il cuore pieno di battiti
E gli occhi pieni di Te

Fonte: LyricFind

Compositori: Franco Santarnecchi / Lorenzo Cherubini

 

 

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Le tasche piene di sassi – Compositori: Franco Santarnecchi / Lorenzo Cherubini

 

 

Rosalino e la colomba

 

 

Riscritture inconsapevoli (4).

Riscritture inconsapevoli” , ovvero una  piccola raccolta estiva ed estemporanea di canzoni: scritte dai loro autori  per motivi e contesti tutti diversi, eppure in grado di rappresentare, almeno a qualche orecchio, un pezzo di Scrittura, che si riscopre lì dentro, come inconsapevolmente richiamata.

 

 “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!”

Dal Cantico dei Cantici:

 

“Ora parla il mio diletto e mi dice:

«Alzati, amica mia,

mia bella, e vieni!

Perché, ecco, l’inverno è passato,

è cessata la pioggia, se n’è andata;

i fiori sono apparsi nei campi,

il tempo del canto è tornato

e la voce della tortora ancora si fa sentire

nella nostra campagna.

Il fico ha messo fuori i primi frutti

e le viti fiorite spandono fragranza.

Alzati, amica mia,

mia bella, e vieni!

O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,

nei nascondigli dei dirupi,

mostrami il tuo viso,

fammi sentire la tua voce,

perché la tua voce è soave,

il tuo viso è leggiadro».

Prendeteci le volpi,

le volpi piccoline

che guastano le vigne,

perché le nostre vigne sono in fiore.

Il mio diletto è per me e io per lui.

Egli pascola il gregge fra i gigli.

Prima che spiri la brezza del giorno

e si allunghino le ombre,

ritorna, o mio diletto,

somigliante alla gazzella

o al cerbiatto,

sopra i monti degli aromi….”

 

“Non abbiam bisogno di parole”

di RON ( Rosalino Cellamare)

Adesso vieni qui
e chiudi dolcemente gli occhi tuoi
vedrai che la tristezza passerà
il resto poi chissà… verrà domani.

Voglio star con te
baciare le tue labbra, dirti che
in questo tempo dove tutto passa
dove tutto cambia, noi siamo ancora qua…

E non abbiam bisogno di parole
per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore
ma ti solleverò tutte le volte che cadrai
e raccoglierò i tuoi fiori che per strada perderai
e seguirò il tuo volo senza interferire mai
perchè quello che voglio è stare insieme a te
senza catene stare insieme a te.

Vieni più vicino
e sciogli i tuoi capelli amore mio
il sole ti accarezza, t’accarezzo anch’io
e tu sei una rosa rossa.

Vieni più vicino
accendi questo fuoco amore mio
e bruceranno tutte le paure
adesso lasciati andare.

E non abbiam bisogno di parole
per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore

ma ti solleverò tutte le volte che cadrai
e raccoglierò i tuoi fiori che per strada perderai
e seguirò il tuo volo senza interferire mai
perchè quello che voglio è stare insieme a te
senza catene stare insieme a te.

Ma ti solleverò tutte le volte che cadrai
e raccoglierò i tuoi fiori che per strada perderai
e seguirò il tuo volo senza interferire mai
perchè quello che voglio è stare insieme a te
senza catene stare insieme a te

 

 

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Non abbiam bisogno di parole , è una canzone del 1992, di Rosalino Cellamare (Ron)

Gigli e correnti gravitazionali

 

Riscritture inconsapevoli (3).

Riscritture inconsapevoli” , ovvero una  piccola raccolta estiva ed estemporanea di canzoni: scritte dai loro autori  per motivi e contesti tutti diversi, eppure in grado di rappresentare, almeno a qualche orecchio, un pezzo di Scrittura, che si riscopre lì dentro, come inconsapevolmente richiamata.

 

 

Gesù : perché vi affannate? Non state con l’animo in ansia.

Luca 12, 23-31

Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?  Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?  Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.Se dunque Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia:  di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.  Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.

 

La cura

di Franco Battiato.

 

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te
Vedi il video ed ascolta il pezzo a questo link:

 

 

 

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La cura è una canzone del 1996 . Autori : Manlio Sgalambro  e Franco Battiato

 

Loredana e i pescatori

 

Riscritture inconsapevoli (2).

Riscritture inconsapevoli”, ovvero una  piccola raccolta estiva ed estemporanea di canzoni: scritte dai loro autori  per motivi e contesti tutti diversi, eppure in grado di rappresentare, almeno a qualche orecchio, un pezzo di Scrittura, che si riscopre lì dentro, come inconsapevolmente richiamata.

 

Gesù chiama i primi discepoli: quattro pescatori

(Mc 1,16-20)

 

Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini». Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Poi, andando un po’ più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch’essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui.

 

 

Cosa ti aspetti da me,

di Loredana Berté

 

Testo

C’è qualcosa che non va
Per essere seduti qui
Per dirsi almeno
E dire almeno le cose inutili
Che ti sembra vero solo se
Doveva andare poi così
Che vuoi dare tutto
Vuoi dare tutto e resti lì
Ed io ci credevo
Ed io ci credevo, sì

Ci vuole soltanto una vita
Per essere un attimo
Perché ci credevi
Perché ci credevi, sì
Ti aspetti tutta una vita
Per essere un attimo
Che cosa vuoi da me
Che cosa vuoi da me

Cosa ti aspetti dentro te
Che tanto non lo sai
Tanto non lo vuoi
Quello che cerchi tu da me
Che cosa vuoi per me
Che cosa vuoi per te
Cosa ti aspetti in fondo a te

C’è qualcosa che non va
E tutto poi finisce qui
Puoi fare a meno
Di fare almeno le cose facili
Se è vero poi più vero è
Se va bene, va bene così

E fragile, fragile resti lì
E io ci credevo
Io ci credevo, sì
Ci vuole soltanto una vita
Per essere un attimo
E tu ci credevi
Tu ci credevi, sì
Ti aspetti tutta una vita
Per essere un attimo

Che cosa vuoi da me
Che cosa vuoi da me
Cosa ti aspetti dentro te
Che tanto non lo sai
Tanto non lo vuoi
Quello che cerchi tu da me
Che cosa vuoi per me
Che cosa vuoi per te

Cosa nascondi dentro di te
Ma io non posso credere che
Che esista un altro amore
Che esista un altro amore come te
Ma io non posso credere che
Esista un altro amore
Esista un altro amore

Che cosa vuoi da me
Che cosa vuoi da me
Cosa ti aspetti tu da me?
Che tanto non lo sai
Tanto non lo vuoi
Quello che cerchi tu da me
Che cosa vuoi per me
Che cosa vuoi per te
Cosa nascondi negli occhi te
Che cosa vuoi da me?

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=KJL7x02V1LY

 

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  • Cosa ti aspetti da me è una canzone del 2019 interpretata da Loredana Berté. Compositori: Gaetano Curreri / Gerardo Pulli / Piero Romitelli

 

Vasco e Pietro

 

Riscritture inconsapevoli (1).

Riscritture inconsapevoli” , ovvero una  piccola raccolta estiva ed estemporanea di canzoni: scritte dai loro autori  per motivi e contesti tutti diversi, eppure in grado di rappresentare, almeno a qualche orecchio, un pezzo di Scrittura, che si riscopre lì dentro, come inconsapevolmente richiamata.

 

 

Gesù  fissa Pietro,  nella notte del suo triplice rinnegamento

Lc 22,56-62

“ Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: «Anche questi era con lui».  Ma lui negò dicendo: «Donna, non lo conosco!».  Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!».  Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo».  Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò.  Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte».  E, uscito, pianse amaramente.

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Ancora adesso che sono vecchio, consumato e stanco, ancora adesso che sento vicina a realizzarsi la tua profezia, ancora  adesso che sto per stendere le mie braccia e farmi prendere da qualcuno che mi porterà dove io non voglio, ancora adesso, e tutti i giorni, e tutte l’albe, e nottate intere, ancora adesso io penso a quel tuo sguardo.

Quello sguardo: tu sai quale.  Mi hai guardato un mucchio di volte, nei nostri anni insieme. Lo sai? Potrei raccontartele tutte, in fila, ad una ad una. E cento, mille volte di più ti ho guardato io,  in tutti modi e in tutte le occasioni. Tu lo sai, Rabbi: meno ti capivo, e più ti guardavo. Meno sapevo e più intuivo. Più vacillavo e piu’ m’avvicinavo.

No. Io non parlo di tutti quei momenti, di tutti “i nostri” sguardi.

Quando chiudo gli occhi, lo sguardo che rivedo in mente e me li fa riaprire, è quel tuo sguardo. Quella notte, fuori la corte di Caifa. Davanti a  quel fuoco, a quelle domande. Davanti alla paura che mi aveva preso: ero solo più paura. E allora, giu’ a negare, giu’  a imprecare,  giu’ a spergiurare. Una cosa sola in testa: scappare, salvarmi, via da lì.  E poi il canto del gallo, maledetto.

Quella notte, insomma. Quel tuo  sguardo.

Fosse  stata di condanna, quell’occhiata . Fosse stata di giudizio. Mi avessi chiamato satana, come quell’altra volta. Mi avessi rimproverato, come poco prima, quando avevo messo mano alla spada! Pietro!!! Niente, invece, niente. Non mi hai chiamato, non mi hai parlato, non mi hai giudicato. Niente.

Mi hai guardato.

I tuoi occhi, me li sento ancora piantati dentro ai miei, come quella notte,  prima che io scappassi pieno di dolore, di terrore, e poi di schifo, di amarezza e rabbia, e di un rimorso sofferente e  arido. Quegli occhi, semplicemente, sapevano. Ed era come se me lo stessero dicendo: guarda che io so. Guarda che lo so, che gli occhi che hai non sono sinceri: non lo sono mai. Neanche quando ti svegli.  Io ci soffro, e  anche spesso, ma tanto le cose non cambieranno. Comunque io sono qui, ci tengo che tu lo sappia.  Io, comunque, voglio restare insieme a te. Ad ogni costo, Ad ogni costo.

Io scappavo, tu no. Io, pensavo a prendermi  la libertà e la vita, tu no. Ma eri tu,  che ancora una volta e per sempre, salvavi me. Io ti abbandonavo, ed eri tu a volere restare con me. Ad ogni costo. Ad ogni costo.  Con quel tuo sguardo, che sapeva e conosceva tutto di me, mi ricordavi le cose che io ti avevo dette, e ridette, e avevo insistito a dire. Solo poco prima, in quella stessa notte, mentre noi eravamo  in cammino verso l’Orto. Ti avevo detto qualcosa del tipo:  Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò.. Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò . Ancora adesso, a ripensarci, ci sto male. Ci credevo, in quel momento. Pensavo di essere sincero, in quel momento. Di essere per davvero pronto a morire : per te e con te. Tu, la mia vita nuova, Tu la mia vita vera,Tu la mia vita.  Ma le tue parole prima, e quel tuo sguardo dopo, mi parlavano proprio di questo: di quanto non fosse vero. Guarda che lo so: non è vero. Guarda che lo so: non sei sincero.  E non  per scacciarmi, per allontanarmi, per maledirmi. No:  tu volevi che io sapessi, che io sapessi che tu sapevi che ti avrei abbandonato, e che comunque saresti  rimasto tu con me, ad ogni costo.

Bene. Anche io, da quella notte, ci tengo a dirti qualche cosa. Il tuo sguardo salva. Il tuo sguardo dice. Il tuo sguardo libera. Il pianto. La solitudine. La consapevolezza . Quel tuo sguardo, da allora,  è con me in ogni momento e per sempre. Adesso so molte cose più di prima, e ne capisco molte, molte meno ancora. Ma c’è quel tuo sguardo che mi conosce  e mi ama . Quello è la mia forza unica , è stata da allora la mia ragione di essere, continua ad essere la mia giustificazione , è il mio Dna , è il mio mandato ultimo. E’ la speranza che mi anima e mi da qualche poca forza, adesso che le sto finendo tutte. Non ci fosse stato, quel  tuo sguardo,  sarei finito magari a penzolare dal ramo come quel poveraccio di Giuda. Se non avessi avuto  quel tuo  sguardo addosso, in quale  modo avrei mai potuto tollerare la memoria della mia enfasi nel proclamarti Messia, il Figlio del Dio vivente, e la mia nullità codarda nello scappare davanti al dito puntato di una serva pettegola e cocciuta? Tu mi avevi chiamato Cefa, io ero la tua pietra,  e io , senza quel tuo sguardo, magari quella pietra me la sarei legata al collo e me se sarei andato a inabissarmi nel mio orgoglio ferito a morte (certa).

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“Ad ogni costo” 

 di Vasco Rossi

Guarda che lo so
Che gli occhi che hai
Non son sinceri
Sinceri mai
Neanche quando ti svegli
Na na na
Tanto è lo stesso
Soffro anche spesso
Ma sono qui
Amo dirtelo
Voglio restare insieme a te
Ad ogni costo, Ad ogni costo

Guarda che lo so
Mi tradirai
Io ti conosco
E lo farai
Anche senza rispetto
Na na na
Tanto è lo stesso
Soffro anche spesso
Ma sono qui
Amo dirtelo
Voglio restare insieme a te
Ad ogni costo, Ad ogni costo.

 

 

 

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  • Ad ogni costo è un singolo di Vasco Rossi, fatto uscire in vista del Tour Europe indoor. È stato trasmesso nelle radio a partire dal 25 settembre 2009 Il brano è basato sulla musica di Creep, singolo del 1992 dei Radiohead.

 

 

Letteratura e religione

 

 

Dal 23 settembre al 22 novembre 2019, presso l’ISSR di Torino, si terrà un corso dal titolo ” LETTERATURA E RELIGIONE“, tenuto dalla professoressa MARIA NISII, firma abituale del nostro blog.

Hai tante domande cui dare risposte nuove? Cerchi nuove domande e nuovi interessi per la tua vita? Ti affascina la ricerca teologica? Il corso Letteratura e Religione,  potrebbe fare al caso tuo!

Così recita l’avviso pubblicato sulla pagina Fb della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – sezione parallela di Torino : e non si puo’ che concordare. Ma, da parte nostra, ci permettiamo di aggiungere una domanda d’invito in più: sei interessato, appassionato, intrigato dal tema della Riscrittura? Perché anche in questo caso questo particolare corso potrebbe fare al caso tuo!

 

Il sottotitolo specifica infatti : Scrittura biblica e riscritture letterarie. La Religione nel mondo della cultura. Dunque un’ occasione ghiotta e da non perdere, per approfondire, con lo spessore e i tempi di un corso specificamente ideato, le questioni che ogni settimana proponiamo all’attenzione e alla curiosità di chi ci legge.

 

Riportiamo qui di seguito le informazioni dettagliate su programma e svolgimento (tratte da Annuario 2019/2020 della Facoltà Teologica & Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino ).

 

1. Letteratura e teologia: quale rapporto?
Tra le possibili piste percorribili per indagare le relazioni tra le due discipline, seguiremo quelle più presenti nel dibattito in corso:
– la Bibbia come testo letterario
– la Bibbia nella letteratura: le ri-Scritture
– teologia narrativa e teologia letteraria
– i linguaggi della cultura

2. Tema monografico. Apocalisse e le sue riscritture
Nella seconda parte verificheremo le potenzialità di questa relazione
attraverso l’analisi di alcuni testi letterari, con un’attenzione mirata al
tema proposto.

Bibliografia
1. Rapporto teologia e letteratura
O. AIME, Il Curato di don Chisciotte, Cittadella Editrice, Assisi, 2012;
R. ALTER,L’arte della narrativa biblica, Queriniana, Brescia, 1990 [1981]; 
M. BALLARINI, Teologia e letteratura, Morcelliana Supplementi, Brescia, 2015; 
V. ARNONE, Bibbia e letteratura, Studium, Roma, 2015;
P. BOITANI, Esodi e Odissee, Liguori editore,
Napoli, 2004; 
S. BONATI E S. FONTANA, Bibbia e letteratura, Claudiana, Torino,2014;
J.-P. JOSSUA, La letteratura e l’inquietudine dell’assoluto, Diabasis, Reggio Emilia, 2005 [2000];
L. MAGGI e A. REGINATO, Dire, fare, baciare… Il lettore della Bibbia, Claudiana, Torino, 2012;
L. MANICARDI, L’immaginazione: potenza di Dio, potenzialità dell’uomo, Qiqajon, Bose (BI), 2010;
Gesù narratore di Dio, Edizioni Messaggero, Padova, 2015; D. MARGUERAT – A. WÉNIN, Sapori del racconto biblico, EDB, Bologna, 2013;
B. SALVARANI, In principio era il racconto. Verso una teologia narrativa, EMI, Bologna, 2004;
L. A. SCHÖKEL, L’arte di raccontare la storia, San Paolo, Milano, 2013;
J.-P. SONNET, L’alleanza della lettura, San Paolo, Milano, 2011;
Generare è narrare, Vita e Pensiero, Milano, 2015;
A. SPADARO, A che cosa “serve” la letteratura?, Elledici, Leumann (To), 2002;
C. THÉOBALD, I racconti di Dio. Pensare la teologia narrativa, EDB Sguardi, Bologna, 2015
2. Tema monografico
Testi letterari:
DON DELILLO, Zero K, Cosmopolis, Punto Omega;
F. DOSTOEVSKIJ,L’Idiota;
U. ECO, Il nome della rosa;
J. RUDYARD KIPLING, Il marchio della bestia;
H. LAWRENCE, Apocalisse;
IAN MACEWAN, Sabato;
J. SARAMAGO, Cecità;
W. SHAKESPEARE, Macbeth.
Pellicole cinematografiche: 
I. BERGMAN, Il settimo sigillo;
J.-J. ANNAUD, Il nome della rosa;
A. TARKOVSKIJ, Apocalisse;
F. FORD COPPOLA, Apocalypse Now. Versione teatrale di Lucilla Giagnoni.

Per ogni altra informazione e iscrizioni, contattare direttamente l’ISSR di Torino in via XX settembre 83 –  issr@teologiatorino.it

 

 

Easy & light

 

Scritto da LORENZO CUFFINI.

Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».”

(Lc 10, 25-37)

C’è una forma di riscrittura che potremmo definire  easy & light, in quanto – tecnicamente –facile a leggersi e leggera nell’esprimersi. Si tratta della vignetta: da sempre  ospitata  sui giornali,  ed oggi sbarcata in rete, su siti e  blog, e da ultimo sui social . Estrema sintesi, disegno fortemente caratterizzato (a  colori o in bianco e nero), una eventuale didascalia, una battuta lapidaria o un breve dialogo fulminante  a commento dell’immagine , ne sono gli elementi costitutivi.

Senza ulteriori commenti, perché la vignetta è fatta per provocare le reazioni immediate di chi legge, senza  orpelli interpretativi che ne smorzerebbero l’impatto,  vi propongo due esempi  di queste vignette di riscrittura, entrambe ispirate alla pagina sopra riportata e al prossimo.

Nella prima  di Patxi Velasco Fano, che potremmo definire un “ vignettista evangelizzatore”, Gesù vede il mondo ferito e ne ha compassione.

 

 

Nella seconda di  Mauro Biani, vignettista “laico” e satirico, al centro dell’attenzione c’è invece una certa interpretazione del concetto  di prossimo, e la contraddizione grottesca che ne deriva.

 

 

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